Corte Ue condanna Polonia per nuove norme su pensioni giudici

Età pensionabile a 65 anni per membri della Corte suprema polacca

GIU 24, 2019 -

Bruxelles, 24 giu. (askanews) – Le disposizioni introdotte l’anno scorso dalla normativa polacca sull’abbassamento a 65 anni dell’età per il pensionamento dei giudici della Corte suprema sono contrarie al diritto dell’Unione, perché violano i principi dell’inamovibilità dei giudici e dell’indipendenza giudiziaria. Lo afferma, in una sentenza emessa oggi a Lussemburgo, la Corte europea di Giustizia, dando ragione alla Commissione europea, che aveva presentato un ricorso contro le misure polacche il 2 ottobre 2018.

La nuova legge polacca sulla Corte suprema, oggetto della sentenza, è entrata in vigore il 3 aprile 2018, e prevede che il nuovo limite di età a 65 anni si applichi retroattivamente anche ai giudici nominati membri della stessa Corte suprema prima di quella data. Una proroga volontaria della funzione giudiziaria attiva è possibile, su richiesta del giudice che deve presentare anche un certificato di buona salute, e soprattutto un’autorizzazione del presidente della Repubblica della Polonia, che la legge non vincola ad alcun criterio e non sottopone ad alcun controllo giurisdizionale.

Nel suo ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte di giustizia, la Commissione ha ritenuto che la Polonia abbia violato il diritto dell’Unione avendo, da un lato, abbassato l’età pensionabile in modo retroattivo, e d’altro lato, avendo accordato al presidente della Repubblica un potere discrezionale di prorogare la funzione giudiziaria attiva dei giudici della Corte suprema.

Nella sua sentenza, la Corte respinge l’argomento della Polonia secondo cui l’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici della Corte suprema a 65 anni derivava da una volontà di armonizzazione generale delle condizioni per il pensionamento applicabile a tutti i lavoratori in Polonia, e afferma che questa misura non è giustificata da una finalità legittima e lede il principio di inamovibilità dei giudici intrinsecamente connesso alla loro indipendenza.

La Corte rileva, inoltre, che la subordinazione di una eventuale proroga volontaria dell’età pensionabile a una decisione del presidente della Repubblica ha carattere discrezionale, poiché la sua adozione non è delimitata, in quanto tale, da alcun criterio oggettivo e verificabile e non deve essere motivata. Inoltre, una decisione del genere non può essere oggetto di un ricorso giurisdizionale.