Libia, con stallo militare a Tripoli, Haftar punta al petrolio

Gazzini (Icg): "Cruciale la posizione degli Stati Uniti"

MAG 22, 2019 -

Roma, 22 mag. (askanews) – Lo stallo dell’offensiva militare lanciata il 4 aprile dal generale Khalifa Haftar su Tripoli e le crescenti difficoltà finanziarie dell’Est della Libia rischiano di dare vita “a una nuova grande disputa sui proventi del petrolio” tra i due governi che dal 2014 si contendono il controllo del Paese nordafricano. E a fronte di tale scenario risulta “cruciale la posizione americana”, ha detto ad askanews Claudia Gazzini, analista esperta dell’International Crisis Group (Icg), il think tank che due giorni fa ha lanciato l’allarme su “un’incombente crisi bancaria potenzialmente esplosiva che potrebbe ulteriormente destabilizzare la Libia”.

Nel suo rapporto, l’Icg ha ricordato le restrizioni imposte ad aprile dalla Banca centrale libica “a diverse banche commerciali dell’Est del Paese, che insieme coprono il 30% delle esigenze di liquidità bancaria libica”, ammonendo sul rischio che “se la Banca centrale dovesse rafforzare ulteriormente le misure restrittive, questo comprometterebbe le capacità del governo dell’Est di pagare i dipendenti e le forze di Haftar”.

“E’ più che probabile lo scenario di una guerra economica, anche perchè abbiamo sentito che in conversazioni private Haftar ha nuovamente minacciato di chiudere i pozzi e i terminal ed quindi è probabile che da parte di Tripoli continui l’atteggiamento di noncuranza nei confronti dei problemi bancari dell’Est. Il che potrebbe portare a una paralisi del sistema di finanziamento nell’Est libico, a una chiusura dei terminal da parte di Haftar e a una nuova grande disputa sui proventi del petrolio”, ha affermato Gazzini.

Il generale Haftar, uomo forte della Cirenaica, controlla da anni gran parte dei siti petroliferi del Paese, ma non può vendere il greggio, a fronte delle risoluzioni Onu che autorizzano in tal senso solo il colosso petrolifero libico National Oil Corporation (Noc). I proventi del petrolio vengono poi depositati in conti controllati dalla Banca centrale, a cui spetta il compito di erogare i fondi nel Paese.

Il presidente della Noc, Mustafa Sanalla, ha ammonito nelle scorse settimane contro la “militarizzazione” delle strutture petrolifere, e già l’8 maggio scorso, in un intervento pubblicato su Bloomberg, aveva fatto sapere di essere in possesso di “documentazione che dimostra che sono in atto tentativi di vendere petrolio libico in modo illegale attraverso enti paralleli”.

Già in passato Haftar ha tentato di vendere il greggio, venendo però bloccato dagli Stati Uniti. “Nel 2014 furono gli americani che mandarono i Seals, le forze speciali, a bloccare una nave che tentava di vendere petrolio libico fuori dai canali ufficiali – ha ricordato Gazzini – ma era un’altra Casa Bianca. Oggi non so se gli americani interverrebbero allo stesso modo se ci fosse un tentativo di vendita da parte di Haftar o di società affiliate al governo dell’Est o all’esercito”. Questo a fronte della presa di posizione del presidente americano Donald Trump, lo scorso aprile, a favore dell’offensiva militare dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) di Haftar per prendere il controllo di Tripoli, spiegata da Gazzini con “gli sviluppi nel Golfo, con le crescenti tensioni con l’Iran”, per cui “diventa strategicamente importante per gli Usa mantenere un rapporto di forte alleanza con Arabia saudita ed Emirati arabi uniti”, sponsor del generale.

In tale contesto, oggi gli Stati Uniti potrebbero giustificare la vendita del petrolio fuori dai canali legali “come una necessità e se dovesse permanere il sostegno americano ad Haftar potremmo forse vedere gli Usa più disposti a giocare un nuovo gioco”. Anche perché, è la riflessione dell’analista, “la priorità della Casa Bianca in questo momento è quella di mantenere un flusso di vendite internazionali di petrolio, per tenere stabili i prezzi”, per cui “garantire un flusso continuo dalla Libia fa parte di queste priorità strategiche americane”.