Petizione on line e proteste per migrante Berhe detenuto a Palermo

Accusato di essere un trafficante; parenti: uno scambio di persona

APR 10, 2019 -

Roma, 10 apr. (askanews) – Una petizione on line e raduni davanti alle ambasciate italiane per chiedere “giustizia per Medhanie Tesfamariam” Behre, il migrante eritreo detenuto da tre anni a Palermo con l’accusa di essere uno dei principali trafficanti di esseri umani dal Corno d’Africa all’Europa, Medhanie Yedhego Mered, noto come “il generale”. Così la diaspora eritrea si sta mobilitando in questi giorni sui social media, sostenendo che Behre è vittima di uno scambio di persona.

Il giovane migrante eritreo, arrestato a Khartoum, in Sudan, nel maggio del 2016, venne estradato in Italia nel giugno dello stesso anno. All’indomani del suo arrivo in Italia, la sorella del migrante, Segem Tesfamariam Berhe, contattata da askanews a Khartoum, aveva detto: “Voglio dire alla polizia italiana che mio fratello è innocente, che non è il Medhanie che cercano”. E aveva inviato i documenti di identità a riprova delle sue affermazioni.

Il processo in corso a Palermo è ormai giunto alle battute finali, con la sentenza attesa per metà maggio: l’uomo sotto accusa rischia fino a 25 anni di carcere.

Nei giorni scorsi la diaspora eritrea sparsa tra Europa e Stati Uniti ha lanciato appelli su Facebook e ha tenuto raduni a Londra, Francoforte, Svezia e Grecia. Per domani è stata organizzata una manifestazione davanti all’ambasciata italiana di San Francisco, negli Stati Uniti, e il 12 aprile davanti alla sede diplomatica italiana di Oslo, in Norvegia.

Il 4 aprile scorso, un eritreo che vive a Oslo, Elias Arefaine, ha anche lanciato una petizione al governo italiano su Change.org, che ha raccolto finora quasi 28mila firme, in cui si chiede “il rilascio dell’innocente Medhanie Tesfamariam”.

Nell’appello per il raduno di San Francisco, postato su Facebook da un’altra sorella del migrante, Eden Tesfamariam, si legge che Medhanie “è ancora detenuto in Italia per uno scambio di persona”. “Per combattere contro questa ingiustizia, abbiamo raccolto e fornito prove, come hanno fatto anche la moglie e il figlio del trafficante”, ha aggiunto, facendo riferimento alla testimonianza resa dalla moglie del vero trafficante, secondo cui l’uomo in carcere non è suo marito. E al test del Dna eseguito sul figlio, che ha escluso ogni legame.

“Il fratello e la sorella che vivono in California vi invitano a protestare e a dimostrare che è stato arrestato per uno scambio di persona e che deve essere liberato. Ci incontreremo davanti all’ambasciata italiana al 2590 Webster St, San Francisco, l’11 aprile 2019, alle 10 del mattino”, conclude l’appello della sorella.