Klugmann, da MasterChef a Mosca: punto d’incontro è sempre la cucina

Chef stellata nella capitale russam a fiera libro "Non/Fiction"

NOV 27, 2018 -

Mosca, 27 nov. (askanews) – Dalle bufere di MasterChef alle nevicate di Mosca, “la cucina resta un luogo di integrazione per eccellenza”. Lo dice ad Askanews Antonia Klugmann, chef stellata, giudice della settima stagione di MasterChef – dove prese il posto di Carlo Cracco e mostrò molta grinta – ma anche “ambasciatrice” dell’UNHCR per i rifugiati. Nota per la sua voce da ragazzina, ma anche per i suoi giudizi taglienti, tra le pochissime chef donna, è nella capitale russa per una serie di eventi che riguardano direttamente iniziative della rappresentanza diplomatica italiana in Russia, guidata dall’ambasciatore Pasquale Terracciano.

La triestina che mentre frequentava la Statale di Milano decise di fare la cuoca e oggi è una star della tv e dei buongustai, è reduce infatti di una delle (tante) iniziative moscovite per la Settimana della cucina nel Mondo e si appresta a partecipare a “Non/Fiction International Book Fair” di Mosca, al via domani: l’Italia è Paese Ospite d’Onore, a proposito di “meraviglie d’Italia” Klugmann parlerà di cibo, nella veste di “Cuoca di frontiera”.

“L’Italia è comunque il Paese nel mondo che ha più donne stellate” dice. “Il problema è che non sono così tanto visibili: perché laddove ci sono, le donne dovrebbero imparare a vendere la propria immagine e il proprio lavoro alla pari dell’uomo. Il fatto di vendere chi siamo, fa parte del mestiere che facciamo e della promozione di sé”. Poi se sollecitata sul perchè siano così poche le chef sui tacchi, afferma di ritenere “che ancora non ci sia una reale parità di scelta di fatto, tra quello che può decidere di fare una donna e quello che può decidere di fare un uomo. È molto difficile trovare uomini che ci supportino, per il tipo di vita che facciamo, quando siamo in cucina: si tratta di 12 e anche 14 ore. Ovviamente il tempo che si può dedicare alla famiglia, è comunque limitato. E trovare un compromesso, nonchè uomini così moderni e illuminati, non è facile. Questo vale per tutti i mestieri”.

Lei che assieme al compagno Romano De Feo, sommelier, ha costruito il suo successo lavorativo, afferma: “Dobbiamo sceglierci dei compagni adatti al tipo di vita che facciamo: per me questo è sempre stato molto chiaro. D’altra parte il lavoro di cucina è per certi aspetti, e per il tipo di ritmo, un po’ particolare”. Particolare è anche il punto di contatto esistente “tra la Russia e me. Con la mia regione: il Friuli Venezia Giulia. Trieste è stata un porto franco per tanto tempo, ed è stata capace di integrare le tante culture in un mix totalmente unico. Quindi sento tutte queste influenze dell’est Europa come mie: mio nonno veniva dal confine tra l’Ucraina e la Polonia, da Leopoli. Di origine ebraica, nato a Zurigo nel periodo della prima guerra mondiale, ha portato questo gusto dell’est Europa nella mia famiglia. E a Trieste questo gusto c’è ancora. E io ho scelto un piccolo pezzetto del Friuli, in campagna, il Collio, sul confine con la Slovenia, che è ancora più influenzato di altre zone”.

E a tavola, cosa unisce l’Est e l’Ovest? “Ci unisce ad esempio il fermentato: un vero punto di contatto. Nei nostri ristoranti facciamo i crauti fermentati con le mele, che si usano in Ucraina e in alcune zone della Russia. Trovo che la fermentazione con le mele sia qualcosa di assolutamente magico. E le fermentazioni sono quello che ci rende unici come regione. Molto vicina alla Russia. Sicuramente”.