La Conferenza di Palermo sulla Libia stenta: agenda e ospiti incerti

Fonti: conflitto tra Francia e Italia allontana la soluzione

OTT 25, 2018 -

Roma, 25 ott. (askanews) – A poco meno di tre settimane dal suo inizio, la Conferenza internazionale di Palermo non ha ancora un programma chiaro, un obiettivo definito e una lista dei partecipanti delineata. Un ritardo che rappresenta al tempo stesso causa ed effetto di mugugni, critiche più o meno velate, e defezioni, alcune solo ipotizzate, altre lasciate trapelare o già annunciate. Se infatti, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha incassato il pieno sostegno della comunità internazionale, dell’Onu, dell’Unione europea e dei principali attori libici, di fatto il governo ha dovuto abbassare notevolmente le sue aspettative sul livello delle personalità presenti. E di conseguenza, sugli obiettivi.

Così “è immaginata come una conferenza di servizio”, ha chiarito il ministro degli Esteri Enzo Moavero, che ha ricordato il “momento complesso” in cui si inserisce e la possibilità che “elementi concordati” nell’ultimo incontro di Parigi a maggio “non possano essere rispettati”. Una complessità tale che alcuni alti funzionari di Paesi decisivi per la stabilizzazione della Libia (e non solo) – contattati da askanews – si interrogano sull’opportunità di insistere sull’organizzazione dell’evento.

Durante la sua missione di ieri a Mosca, Conte ha ricevuto rassicurazioni dal presidente Vladimir Putin su una partecipazione “ad un livello alto” della Russia. Probabile la presenza del premier Dmitri Medvedev, tra l’altro alle prese con problemi di politica interna e con la dura opposizione alla sua riforma della legge sull’età pensionabile, che non esclude la partecipazione del vice ministro degli Esteri Mikhail Bogdanov. Ma se Mosca giudica la situazione in Libia “inaccettabile”, al Cremlino e dintorni ci si interroga ancora su molti punti considerati oscuri. Un alto funzionario russo, parlando ad askanews dietro condizione di anonimato, ha confermato il sostegno del proprio Paese all’inviato dell’Onu Ghassan Salamé, ma ha espresso perplessità sull’attuale quadro normativo libico che dovrebbe assicurare un percorso politico corretto verso le elezioni.

Non meno importante nell’ottica di una soluzione politica della crisi libica – secondo la stessa fonte – è poi la ‘rivalità’ tra Francia e Italia. Con la loro competizione – fa sapere un consigliere del Cremlino – i due Paesi europei hanno complicato la situazione, al punto che è delicato e difficile, per gli altri attori coinvolti, prendere una posizione. Un dualismo evidenziato anche da funzionari vicini all’amministrazione degli Stati Uniti, nonostante il sostegno pubblico che Parigi ha assicurato nelle scorse settimane all’iniziativa italiana. E lo stesso Donald Trump, che ricevendo Conte alla Casa Bianca aveva speso parole di apprezzamento per il ruolo del nostro Paese per la stabilizzazione della Libia, ha imboccato una strada diversa: il presidente Usa – confermano le fonti – ha declinato l’invito del premier italiano, non invierà il suo segretario di Stato Mike Pompeo ed ha scelto di partecipare alla Conferenza di Palermo semplicemente con un consigliere, confermando che la questione libica non rappresenta per gli Stati Uniti una priorità di politica estera.

In questo quadro si inseriscono le posizioni di altri attori regionali e internazionali coinvolti, assieme alla loro tendenza alla spartizione della Libia che avrebbe effetti devastanti per l’economia del Paese e i consumatori del petrolio libico. La Germania, che ha annunciato l’arrivo a Palermo della cancelliera Angela Merkel almeno per uno dei due giorni di lavori, ha interesse soprattutto a limitare il fenomeno migratorio. C’è l’Egitto, che sostiene senza remore l’uomo forte della Cirenaica, il generale Khalifa Haftar, assieme alle tribù che lo supportano; c’è la Tunisia, con il suo eterno sforzo di raggiungere una difficilissima posizione neutrale; e c’è l’Algeria, impegnata da una parte a limitare l’influenza del Cairo e dall’altra a evitare intromissioni di Qatar ed Emirati Arabi Uniti.

Infine, ma non meno importante, c’è la questione della presenza a Palermo delle diverse anime della Libia. Uno dei rilievi mossi all’ultima conferenza di Parigi, nello scorso maggio – quando il premier Fayez al Sarraj e il generale Haftar, con la mediazione del presidente Emmanuel Macron, raggiunsero un accordo non scritto per elezioni a dicembre – era la scarsa inclusività dei rappresentanti libici. Un ostacolo che la Conferenza di Palermo si proponeva – e si propone ancora – di superare, nonostante il lavoro diplomatico compiuto dall’Italia nelle ultime settimane per ottenere una base partecipativa ampia e qualificata si sia rivelato più difficile del previsto. E le stesse parole prudenti del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri appaiono come una velata conferma delle difficoltà di una fase preparatoria non ancora ultimata. Oggi comunque Moavero ha riferito che “gli attori libici sono in buona misura confermati” e sono “i veri protagonisti” di una conferenza “la cui maggiore ambizione è il risultato per la Libia”. E il ministro auspica che tra di loro ci sia il generale Haftar, sebbene nelle scorse settimane siano arrivate voci di una sua defezione: “Stiamo parlando con lui e ci ha dato svariate conferme di volerci essere”.

Resta il rischio, confermano fonti egiziane ad askanews, che una buona idea possa trasformarsi in un boomerang per il governo italiano: secondo le fonti, non ci sono le basi, non esiste un minimo comune denominatore che lasci intravedere la volontà di raggiungere un accordo. Una situazione di caos descritta in Russia come una paralisi, una fase di stallo legata da un fattore che “accomuna tutte le parti”: nessuno ha interesse a trovare un accordo, ad accodarsi a uno sforzo unificante. Insomma, “nessuna svolta in vista”.