Il Valdai Club consacra il matrimonio tra Mosca e Pechino

Un membro del politburo cinese suggella la svolta verso Est

OTT 19, 2018 -

Sochi, 19 ott. (askanews) – Un membro del Politburo del partito comunista cinese (Pcc) è venuto quest’anno ad apporre il sigillo all’alleanza russo-cinese al Valdai Club, forum di dibattito geopolitico che ha anticipato, anni fa, l’inevitabile “svolta verso Est” di una Russia che doveva capitalizzare sul crescente isolamento sul fronte Ovest. “Per la Cina la Russia è un partner cruciale e mai, nella loro storia, Cina e Russia hanno cooperato a livello regionale e globale come stanno facendo da anni, con la Russia abbiamo già conseguito molti successi in termini di concreta cooperazione pratica” ha dichiarato Yang Jiechi, membro del Politburo del Comitato Centrale del Partito comunista cinese e Direttore dell’Ufficio della Commissione Esteri del Comitato centrale del Pcc, citando la Corea del Nord e la lotta al terrorismo in particolare. E lasciando intendere che l’unione nata come matrimonio di comodo – sulle basi di reciproci interessi di fornitore e cliente energetico – si sta strutturando e sarà più dell’interludio che vari analisti, allo stesso Valdai, ipotizzavano tempo fa.

“È stato compiuto un grande passo nella cooperazione regionale e la Cina continuerà a lavorare con la Russia, per costruire un ponte tra le civiltà, a fronte di sfide sempre più complicate da affrontare”, ha detto Yang, esponente della ‘nuova leva’ del Politburo, alimentata soprattutto da diplomatici. “La Cina è contro l’approccio che mira a imporre la propria sicurezza a scapito degli altri, ogni popolo ha il diritto di scegliere il proprio modello di sviluppo, dobbiamo respingere la retorica della promozione dei singoli interessi”, ha aggiunto, in un evidente riferimento agli USA di Donald Trump.

L’arrivo di Yang Jiechi al Valdai riunito a Sochi nei giorni scorsi – ospite annunciato all’ultimo minuto – ha accompagnato il dibattito sulla “svolta verso Est” della Russia di Putin, che il presidente della Commissione Istruzione e Scienza della Duma, molto ascoltata in politica estera, Vjaceslav Nikonov preferisce descrivere come “un ragionevole avvicinamento a chi è pronto a cooperare” con Mosca. Un avvicinamento partito nel 2013, “in piena guerra fredda con l’Occidente”, sottolinea Sergey Karaganov, teorico della “via eurasiatica” per la Russia: “Ora abbiamo raggiunto un traguardo (..) probabilmente tra 10-15 anni ci incontreremo di nuovo con l’Europa, ma l’Europa non sarà più quella di 10-15 anni prima”.

Alla plenaria del Valdai, poche ore dopo l’intervento di Yang Jiechi, Vladimir Putin ha confermato che le cose con Pechino vanno a gonfie vele, sottolineando che “la Russia ha oggi il 40 per cento dei suoi scambi commerciali con l’Ue e con l’Asia siamo già al 30 per cento, per ora”.

L’interscambio tra Cina e Russia, non altissimo, sta sensibilmente accelerando: quasi 50 miliardi di dollari (49,97) nel primo semestre del 2018, con una crescita del 30,18% su base annua – il maggiore aumento tra tutti partner commerciali cinesi – e il superamento dei 100 miliardi di dollari in vista per la fine dell’anno. Mosca è intanto diventata il nono partner commerciale per la Cina, dall’undicesimo posto che deteneva ancora lo scorso anno. Nel 2017, gli investimenti diretti cinesi in Russia hanno fatto un balzo del 72%, a 2,2 miliardi di dollari.

E ancora: a maggio, Pechino ha firmato con l’Unione Economica Eurasiatica (Russia, Kazakistan, Bielorussia, Armenia, Kirghizistan) un accordo per la semplificazione delle procedure doganali. E La nuova coppia russo-cinese si cimenta in progetti congiunti per “regioni ed aree ad alto potenziale di crescita” come il Lontano oriente russo e l’Artico, che si aggiungono a programmi di cooperazione per lo sviluppo delle regioni del fiume Yangtze in Cina e del Volga in Russia.