Brasile, in campagna elettorale le fake news viaggiano su Whatsapp

Candidato estrema destra accusato di pratiche "illecite" da rivale

OTT 19, 2018 -

San Paolo, 19 ott. (askanews) – Le accuse di giochi sporchi su WhatsApp in campagna elettorale dominano la corsa alle presidenziali brasiliane e accendono un faro sulle manipolazioni dei social media, dopo gli abusi emersi nelle presidenziali Usa e nel referendum britannico sulla Brexit del 2016. Il candidato di sinistra Fernando Haddad, in affanno nel sondaggi, ha accusato il favorito di estrema destra Jair Bolsonaro di tattiche elettorali “illegali”, dopo la notizia che alcune società si preparano pronto a inondare WhatsApp di messaggi che attaccano lui e il suo Partito del lavoratori. Bolsonaro ha smentito, twittando che il partito del lavoratori di Haddad, “non è danneggiato dalle fake news, ma dalla VERITA'”.

Lo scambio di accuse arriva a dieci giorni dal ballottaggio che secondo i sondaggi verrà vinto comodamente da Bolsonaro, ex militare nostalgico della dittatura, abilissimo sui social media, polemico, provocatorio, misogino e omofobo, spesso paragonato al presidente Usa Donald Trump. In Brasile ci sono 120 milioni di account WhatsApp su 210 milioni di abitanti: la app è popolarissima, più di Facebook, che ne è il proprietario.

Haddad ha lanciato le sue accuse dopo che il quotidiano più letto del Paese, Folha de Sao Paulo, ha scritto di aver scoperto contratti del valore di 3,2 milioni di dollari l’uno a beneficio di alcune società per l’invio di messaggi di massa di WhatsApp contro il Partito dei lavoratori. “Abbiamo identificato una campagna di diffamazione via WhatsApp e, data la quantità di messaggi, sappiamo che c’è dietro del denaro sporco, perchè non è stato registrato presso il Tribunale elettorale supremo” ha detto Haddad in una conferenza stampa.

L’avvocato di Bolsonaro, Tiago Ayres, ha detto al quotidiano finanziario Valor che non ci sono prove di collegamenti tra le società citate da Folha de Sao Paulo e la campagna di Bolsonaro. La lite getta luce su un questione diventata fondamentale nelle democrazie: l’uso organizzato delle rete per muovere l’opinione pubblica di interi Paesi. Facebook è il gruppo più importante finito sotto accusa, ma anche Twitter è stata criticata. Le due piattaforme hanno preso inziative per ripulire gli utilizzatori dei loro servizi dopo che sono emerse prove di interferenze russe nelle presidenziali Usa 2016, vinte da Trump, e accuse a Facebook di aver consentito di raccogliere i dati degli utenti per calibrare il messaggio della campagna per la Brexit. Facebook ha anche chiuso pagine di disinformazione con presunti legami con i media di Stato iraniani e con i servizi di intelligence russi.

Non c’è alcuna prova di interferenze esterne nella campagna elettorale brasiliana. Ma il direttore della società di sondaggi Datafolha, Mauro Paulinho, ha scritto su Twitter che la sua società ha rilevato “alcuni spostamenti” dell’opinione pubblica prima del primo turno del voto il 7 ottobre, vinto a mani basse da Bolsonaro.

Sergio Amadeu, membro del Comitato di vigilanza su internet voluto dal governo, ha detto che spette autorità elettorali stabilire se ci sia stata violazione di legge. “ma ha aggiunto che c’è stata “una campagna di disinformazione molto simile e più sofisticata di qualla negli Usa… perchè è stata condotta enel quadro della cultura politica brasiliana”. Un caporedattore dell’organizzazione di fact-checking Comprova, Sergio Ludtke, ha detto che per contrastare la disinformazione veicolata sui social media occorre una consapevolezza pubblica e un’educazione a lungo termine. “Ritengo che sia un errore pensare che il problema della disinformazione termini quando le elezioni sono finite. Questi meccanismi causano sempre maggiori danni e la società deve rispondere”.

(fonte Afp)