Gli svizzeri con un referendum dicono no alla sovranità alimentare

Swissinfo: bocciata dal 68% la proposta del sindacato Uniterre

SET 24, 2018 -

Roma, 24 set. (askanews) – Oltre il 68% dei votanti svizzeri ha bocciato l’iniziativa del sindacato Uniterre, che chiedeva di garantire una migliore protezione del settore agricolo svizzero di fronte alle pressioni per un’apertura dei mercati internazionali e di orientare la politica agricola verso una produzione sostenibile dal profilo ecologico e sociale.

Lanciata da un’alleanza di sinistra – guidata dal sindacato dei contadini romando Uniterre – l’iniziativa “Per la sovranità alimentare. L’agricoltura riguarda noi tutti” proponeva un programma in dieci punti per mettere in atto un’agricoltura locale diversificata e sostenibile, capace di offrire lavoro e buone condizioni salariali. I suoi promotori, spiega Swissinfo, pensavano in particolare di poter offrire delle soluzioni per far fronte al crescente calo del numero di aziende agricole in Svizzera, alla pressione della concorrenza internazionale sui contadini e alle ripercussioni negative su uomo e ambiente di una produzione agricola intensiva.

Argomenti che avevano inizialmente convinto una grande fetta della popolazione: nel primo sondaggio della SSR, realizzato a inizio agosto dall’istituto gfs.bern, oltre i tre quarti delle persone interrogate si erano espresse a favore dell’iniziativa. Nelle ultime settimane si sono però nettamente imposti gli argomenti del campo contrario, in cui figuravano anche il governo, la maggior parte dei partiti e delle organizzazioni economiche.

Dallo scrutinio di domenica scorso emerge una chiara spaccatura tra la Svizzera francese e le altre regioni del paese. L’iniziativa ha infatti ottenuto una maggioranza di preferenze a Ginevra, Vaud, Neuchâtel e Giura, mentre è stata respinta da tutti gli altri Cantoni. Ciò che non sorprende eccessivamente, dato che il testo era stato depositato e promosso dal sindacato Uniterre, molto radicato nei Cantoni francofoni.

L’iniziativa mirava ad un cambiamento radicale della politica agricola, attribuendo allo Stato un ruolo più attivo nella regolamentazione del mercato agricolo e dei prezzi. Tra l’altro, la Confederazione avrebbe dovuto adottate misure per promuovere prezzi equi e rafforzare gli scambi diretti tra agricoltori e consumatori.

Obbiettivo dell’iniziativa era inoltre di favorire l’aumento della popolazione attiva in agricoltura e la sopravvivenza delle piccole aziende. Il testo postulava l’armonizzazione delle condizioni salariali dei lavoratori agricoli a livello federale. Sarebbero stati vietati i prodotti stranieri che non avrebbero soddisfano gli standard sociali e ambientali svizzeri. Gli altri sarebbero stati soggetti a dazi doganali.

La proposta del sindacato Uniterre contemplava infine anche il divieto di un uso agricolo di organismi geneticamente modificati, compresi gli organismi modificati con nuove tecnologie, quali la ricombinazione non naturale del genoma. In Svizzera gli OGM possono essere utilizzati solo a scopo di ricerca: il loro impiego in agricoltura è soggetto fin dal 2005 a una moratoria, prorogata per ben tre volte dal parlamento e valida fino alla fine del 2021.

Il governo aveva invitato gli elettori a respingere l’iniziativa, ritenendo che avrebbe messo a repentaglio i progressi ottenuti con la politica agricola degli ultimi 25 anni. Secondo il Consiglio federale, la proposta di Uniterre avrebbe danneggiato la competitività e lo spirito di innovazione della filiera agroalimentare elvetica, limitando tra l’altro il margine di manovra della Svizzera nell’ambito della politica estera.

Sempre a detta del governo, l’obiettivo di promuovere una agricoltura contadina variata e sostenibile è già garantito dalla Costituzione federale, in particolare dall’articolo 104a sulla sicurezza alimentare, approvato dai votanti nel settembre 2017. D’altro canto, per il Consiglio federale, l’iniziativa rappresentava una svolta pericolosa rispetto alla politica di apertura del mercato agricolo perseguita dalla Confederazione.