Migranti, italiani in Benelux: Salvini impari lezione del passato

Lettera aperta a quotidiano belga dopo lite ministro-Asselborn

SET 20, 2018 -

Roma, 20 set. (askanews) – Lettera aperta di un gruppo di italiani e discendenti di italiani che vivono e lavorano in Belgio, Francia e Olanda al quotidiano belga Le Soir, per sottolineare, dopo le lite in video tra il ministro degli Interni Matteo Salvini e quello lussemburghese degli Esteri Jean Asselborn, che la lezione della storia non va dimenticata.

In occasione di una riunione europea, il 14 settembre scorso, Salvini e Asselborn “hanno avuto un alterco violento che denota il clima passionale sul tema dell’immigrazione in Europa”, ricordano i firmatari. “Mentre il ministro lussemburghese invocava la necessità di una immigrazione gestita per affrontare la crisi demografica in Europa – riassumono -, il ministro Salvini gli ha risposto che è pagato per far sì che i giovani italiani tornino a fare figli e non per far arrivare nuovi schiavi africani e procedere a una sostituzione demografico in Italia e in Europa”.

“In quanto cittadini italiani residenti all’estero, emigranti o figli di emigranti italiani, non possiamo che ssere scioccati dall’assenza di prospettiva storica delle dichiarazioni del ministro Salvini. Il ministro lussemburghese ha avuto ragione nel ricordare al ministro italiano che la storia della migrazione italiana è utile per comprendere i flussi migratori contemporanei anche se non sono della stessa natura”.

“Tra il 1946 e il 1960, l’Italia prese contatti con diversi paesi europei per esportare disoccupati, poveri e senza futuro provenienti dal nord e dal sud d’Italia. L’Italia ha firmato accordi bilaterali di esportazione di manodopera con il Belgio (1946), la Francia (1947), i Paesi Bassi (1948), la Germania (1955), il Lussemburgo (1957) e la Svizzera (1964). Prima della creazione dell’Unione europea, oltre un milione di italiani, spesso con le loro famiglie, sono stati costretti a lasciare l’Italia” hanno scritto i firmatari della lettera aperta su Le Soir.

“Questi italiani furono costretti all’esilio. L’Italia ha esportato la sua miseria per garantire il suo sviluppo economico negli anni ’60. L’Italia ha esportato una parte della sua gioventù per permettere ad un’altra parte della sua gioventù di trovare un lavoro in Italia”.

“In Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo, Germania, Francia e Svizzera, i migranti italiani si sono confrontati con il rifiuto, il razzismo quotidiano, la discriminazione nell’alloggio, nell’accesso alle associazioni, nei bar. In Belgio, negli anni ’50 alcuni bar erano vietati ai cani e agli italiani! I migranti italiani furono trattati come pericolosi criminali che dovevano essere mandati a casa. Furono stigmatizzati perché “rubavano” donne ai cittadini locali. Si diceva di loro che venivano a rubare il lavoro dei cittadini. Furono accusati di approfittare della previdenza sociale”.

“Ricordiamo in Belgio la canzone degli anni ’60 “à la moutouelle”. La canzone molto popolare accusava in modo scherzoso i lavoratori italiani di approfittare dell’assicurazione sanitaria belga. L’Italia li ha dimenticati e non si è mai interessata a loro. Eppure questi migranti hanno contribuito alla crescita economica dei paesi europei ospitanti ma anche del paese di partenza, l’Italia. Sono anche stati utili allo sviluppo demografico dei paesi ospitanti europei”.

“Gli argomenti usati oggi contro gli africani dal ministro Salvini sono esattamente gli stessi usati contro gli emigrati italiani del dopoguerra. Agli emigranti italiani nel nord Europa è toccato subire discriminazione, razzismo e stigmatizzazione, come è accaduto nel secolo scorso nei paesi del Nord e del Sud America. I Terroni, i meridionali emigrati al Nord Italia, hanno dovuto affrontare le stesse situazioni e gli stessi problemi dei migranti internazionali nel loro Paese, come mostra magistralmente il bellissimo film di Luchino Visconti Rocco e i suoi fratelli”.

“La questione migratoria è molto complessa. E’ una questione globale che non può avere una risposta semplicistica. La chiusura totale o l’apertura totale dei confini sono posizioni non realistiche. È quindi importante che il ministro Salvini apprenda la storia per comprendere le dinamiche attuali. Dire che gli italiani devono avere più figli o che i posti di lavoro tenuti dai migranti oggi devono essere riservati ai cittadini non è sostenibile. È consigliabile dire la verità. Cioè dire ai ai giovani italiani di andare nei campi a raccogliere frutta e verdura al posto dei migranti, dire loro di badare ai loro malati e ai loro genitori al posto dei migranti dall’est o dalle Filippine, dire loro di di accettare lavori precari e mal pagati nei ristoranti, nell’agricoltura, negli hotel, nei servizi alla famiglia, nell’edilizia”.

“Potrebbe il ministro Salvini dire queste verità mentre il suo paese, come la maggior parte dei paesi europei, vive una profonda crisi demografica che non garantirà la sicurezza economica e sociale dei suoi cittadini?” chiedono i firmatari su Le Soir.