Myanmar, Guardian: violenze orribili denunciate da donne rohingya

L'ex Birmania respinge ogni addebito

GIU 23, 2018 -

Roma, 23 giu. (askanews) – Ci sono racconti raccapriccianti di stupri, di abusi bestiali su donne inermi, legate ad alberi e violentate per giorni da soldati di Myanmar, nei dossier inviati da diverse organizzazioni del Bangladesh alla Corte penale internazionale per un procedimento presso questa istituzione sulla questione della repressione dei Rohingya.

Il Guardian ha potuto vedere questi documenti, la cui analisi è cominciata a porte chiuse presso il tribunale internazionale che ha sede all’Aia. Il Bangladesh è uno stato membro, mentre Myanmar non ha aderito e nega che, nei confronti della minoranza musulmana, vi sia stata una pulizia etnica. In quasi un anno oltre 700mila persone sono scappate dai loro villaggi, riversandosi nel paese vicino.

La leader di fatto di Myanmar, il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, ha respinto gli addebiti in un post su un account social gestito dal suo ufficio, bollandoli come “narrativa d’odio proveniente dall’estero”. Ma l’Onu ha parlato di “genocidio” nei mesi scorsi.

Un documento consegnato alla Cpi dal Centro per le risorse legali in Asia (ALRC) e l’Ong Odhikar include la storia di Marwa, 10 anni, la cui famiglia è stata sterminata prima che lei, assieme a un gruppo di altre giovani donne del villaggio, fosse portata nella vicina scuola e lì sottoposta a stupri di gruppo ripetuti.

Un altra vicenda raccontata nel dossier è quella di Khurshida, 20 anni, tenuta prigioniera con altre donne rohingya, legata ad alberi per essere stuprata per giorni. Dopo aver perso conoscenza, è stata buttata fuori dal campo di prigionia dai soldati che la credevano morta.

Ulteriori racconti contenuti nei documenti presentati sono quelli di Sakila, 25 anni, che era stata nascosta in una casa incendiata dai soldati, e Nur Jahan, 31 anni, violentata ripetutamente di fronte alla sua bambina di 7 anni.

Storie simili sono inserite anche negli altri rapporti consengati dalle organizzazioni del Bangladesh, coi quali queste chiedono l’azione della Cpi.