L’importante confronto nella Ue (a cui l’Italia non partecipa)

Macron solo contro il fronte rigorista nordico-tedesco

APR 13, 2018 -

Bruxelles, 13 apr. (askanews) – Nonostante le speranze di rilancio e rilegittimazione popolare dell’integrazione europea, evocate dal presidente francese Manuel Macron nei suoi annunci e discorsi recenti, sembra sempre più difficile che si possa arrivare entro il Consiglio europeo di giugno a un accordo fra gli Stati membri sulle prospettive di riforma dell’Unione economica e monetaria (Uem), mentre si profila uno scontro fra i paesi del Nord e quelli del Sud Europa, con Germania e Francia schierati su posizioni nettamente diverse, se non opposte, mentre l’Italia resta senza governo e fuori dai giochi.

Il vicepresidente della Commissione europea responsabile per l’Euro, il Dialogo sociale e la Stabilità finanziaria, Valdis Dombrovskis, è stato mandato in missione oggi a Berlino proprio per discutere con i ministri economici del nuovo governo tedesco il futuro dell’Uem e le proposte di riforme per “approfondirla”, in gran parte contenute nel “Rapporto dei Cinque presidenti” del 2015 e nel “documento di riflessione” della stessa Commissione europea, pubblicato il 31 maggio 2017. A queste bisogna aggiungere le proposte annunciate da Macron, ancora più “integrazioniste”. Dombrovskis ha, evidentemente, il compito di verificare se davvero la Germania ha deciso di sabotare l’accordo a cui la Commissione e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, puntavano entro l’estate.

Le premesse non sono affatto incoraggianti. Ieri il quotidiano tedesco Handelsblatt riferiva gli avvertimenti di Dombrovskis e di Klaus Regling, Direttore dell’Esm (il Fondo salva Stati), secondo cui si sta esaurendo il tempo per trovare un compromesso e la riforma dell’Uem è ormai sull’orlo del collasso.

Finora, in assenza di una chiara posizione del nuovo governo tedesco, appena insediatosi, l’unica cosa chiara oltre agli annunci di Macron era la chiusura espressa a marzo da otto paesi nordeuropei (Olanda, Danimarca, Finlandia, Irlanda, Svezia e i tre baltici), contrari praticamente a tutte le riforme che prospettino più solidarietà finanziaria e condivisione dei rischi e favorevoli invece a più “condizionalità” e automatismi nell’imposizione di riforme strutturali e nuove dosi di politiche d’austerità.

Le posizioni degli Otto Stati nordici possono essere riassunte così: 1) niente assicurazione comune europea sui depositi bancari (“European Deposit Insurance Scheme”) inferiori ai 100.000 euro, senza aver attuato prima ulteriori misure di “riduzione del rischio”: un drastico taglio ai crediti deteriorati Npl detenuti soprattutto dalle banche greche, italiane e portoghesi, e una severa limitazione, nei bilanci delle banche, dei titoli di Stato emessi dai paesi in cui operano (una vecchia idea di Wolfgang Schauble); 2) eventuali nuovi interventi del Fondo salva Stati Esm condizionati a ristrutturazioni “semi automatiche” del debito pubblico dei paesi richiedenti, in cambio della trasformazione dello stesso Esm in un Fondo Monetario europeo con capacità finanziarie accresciute; 3) no all’utilizzo dell’Esm come rete di sicurezza (“backstop”) per il Fondo unico europeo di risoluzione delle crisi bancarie.

Ieri sono arrivate anche, particolarmente dure, le dichiarazioni di Ralph Brinkhaus, numero due della coalizione di Cdu-Csu guidata dalla cancelliera Angela Merkel: una serie di “no” e di altre risposte praticamente in linea con le posizione degli Otto paesi nordeuropei. E Brinkhaus ha minacciato anche una bocciatura netta “del popolo tedesco” alla reintroduzione “dalla porta di servizio” di qualunque proposta di emissione di “eurobond” per sostituire anche solo parzialmente i titoli di Stato nazionali.

Brinkhaus, semplicemente, sembra preferire lo status quo a qualunque riforma maggiore integrazione che vada nel senso di rendere l’Uem più solidale nei confronti dei paesi del Sud.

E anche il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, un falco dell’austerità che i tedeschi sperano di mettere al posto di Mario Draghi alla testa della Bce l’anno prossimo, si è espresso ieri contro la conversione dell’Esm in Fondo Monetario europeo.

Quello che manca ancora, in questo quadro, è un accordo fra la cancelliera Merkel e il nuovo ministro delle Finanze per arrivare a una posizione consolidata su tutti questi punti da parte del governo tedesco, per poi tentare di trovare una linea comune (che a questo punto appare molto difficile) con la Francia di Macron, prima del Consiglio europeo di giugno.

E manca, infine, l’Italia. La mancanza ancora a lungo di un governo a Roma può sbilanciare gravemente a favore dell’asse nordico-tedesco questa discussione, sempre più accesa, fondamentale per l’Ue e per il posto che l’Italia avrà nel suo futuro.

Loc/Int2