Nigeria, Amnesty accusa Eni e Shell di negligenza ambientale

E ha chiesto ad Abuja di indagare su 89 fuoriuscite di petrolio

MAR 16, 2018 -

Roma, 16 mar. (askanews) – L’approccio irresponsabile alle fuoriuscite di petrolio nel Delta del fiume Niger, in Nigeria sta aggravando la crisi ambientale di quell’area. E’ quanto ha denunciato oggi Amnesty international puntando il dito contro i colossi Shell ed Eni che “impiegano settimane a reagire alle denunce di fuoriuscite e diffondono informazioni fuorvianti sull’origine e la gravità delle stesse, col risultato che le comunità colpite possono non ricevere i risarcimenti dovuti”.

La denuncia arriva al termine delle ricerche condotte sul campo con migliaia di attivisti e sostenitori. “Attraverso una rete di rivelatori, infatti, siamo stati in grado di raccogliere dati importanti che mostrano gravi negligenze da parte delle due aziende petrolifere – si legge in un comunicato – le conclusioni sono state analizzate dai nostri ricercatori e verificate da Accufacts, un organismo indipendente di esperti petroliferi”.

“Le aziende spesso ignorano per mesi le denunce di fuoriuscite. In un caso, l’Eni è intervenuta dopo oltre un anno. Il Delta del Niger è uno dei luoghi più inquinati della Terra ed è incredibile come le aziende responsabili mostrino ancora questi livelli di negligenza”, ha dichiarato Mark Dummett, ricercatore su imprese e diritti umani di Amnesty International.

Al termine della sua ricerca, Amnesty International ha chiesto al governo nigeriano di riaprire le indagini su 89 fuoriuscite di petrolio.

Dal 2011 Shell ha segnalato 1.010 fuoriuscite, con 110.535 barili di petrolio (circa 17,5 milioni di litri) persi tra gli oleodotti e i pozzi che gestisce. Dal 2014 Eni ha segnalato 820 fuoriuscite, con 26.286 barili di petrolio (circa 4,1 milioni di litri) persi.

Secondo Amnesty, entrambe le aziende sostengono che la maggior parte delle fuoriuscite è causata da furti e sabotaggi, ma questa versione è contestata dalle comunità del Delta del Niger, che non ottengono risarcimenti se le fuoriuscite sono attribuite ad attività di terzi.

I Rivelatori hanno identificato almeno 89 fuoriuscite (46 di Shell e 43 di Eni) in cui l’attribuzione delle cause da parte delle due aziende suscita ragionevoli dubbi. Si tratta solo dei casi in cui la maggioranza dei Rilevatori è giunta alla stessa conclusione. “Consideriamo l’operato di Shell ed Eni in Nigeria volutamente irresponsabile e dunque intenzionalmente negligente: non operare nel rispetto delle leggi del paese e delle buone pratiche sta avendo un impatto devastante sui diritti umani delle comunità del Delta del Niger”, ha detto Dummett.

I regolamenti vigenti in Nigeria prevedono che le aziende debbano recarsi sul luogo di una fuoriuscita entro 24 ore dalla segnalazione.

Dall’analisi dei documenti aziendali, Shell ha rispettato quel termine temporale solo nel 26% dei casi, mentre Eni lo ha fatto nel 76%. La reazione di Shell si è fatta sempre più lenta, in coincidenza con la riduzione del numero di fuoriuscite riportate. In un caso, la visita sul luogo di una fuoriuscita è avvenuta 252 giorni dopo.

La reazione più lenta sin qui documentata è stata di Eni: 430 giorni per reagire a una fuoriuscita nello stato di Bayelsa. Quando l’azienda si è recata sul posto, ha calcolato la quantità di petrolio fuoriuscito misurando l’area contaminata in modo visibile: quattro barili. Amnesty International ha consultato gli esperti di Accufacts, secondo i quali questo dato non è credibile e c’è un problema rispetto al modo in cui la fuoriuscita è stata calcolata.

Le due compagnie petrolifere sono state informate sui risultati del lavoro di ricerca di Amnesty, con la richiesta di replica. Secondo Shell le informazioni sono false, prive di merito e non tengono conto della complessità dell’ambiente in cui opera l’azienda.

Eni ha respinto le conclusioni secondo le quali non prende immediate misure per prevenire l’inquinamento o fornisce informazioni non credibili o fuorvianti.

Amnesty presentà le sue conclusioni al governo della Nigeria, chiedendogli di rafforzare in modo significativo la normativa relativa alle aziende petrolifere che operano nel paese.