Cina rivendica efficienza nella lotta contro il traffico di organi

Auspica collaborazione internazionale contro turismo dei trapianti

MAR 14, 2018 -

Roma, 14 mar. (askanews) – La Cina, fino a pochi anni fa nel mirino per le pratiche relative ai trapianti di organi, rivendica oggi un ruolo importante nella lotta contro il traffico e il turismo dei trapianti. Wang Haibo, vice segretario Generale della Fondazione di donazioni e trapianti degli organi umani della Cina, ha spiegato oggi in una conferenza stampa a Roma la strategia di Pechino contro il traffico.

Wang era a Roma per prendere parte al summit “Ethics in Action” promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienza. Si tratta del secondo summit a cui la delegazione cinese partecipa e Wang ha sottolineato come la posizione cinese sia stata apprezzata dal Vaticano e dallo stesso papa Francesco.

“La Cina è seconda al mondo per la donazione e per i trapianti di organi” legali, ha affermato Wang. Nel 2010 – ha affermato il professore – in Cina sono stati effettuati 1.040 trapianti da donatori viventi e solo 34 da donatori deceduti. Nel 2017 la situazione è radicalmente cambiata e ci sono stati 2.322 trapianti da donatori viventi e 5.146 trapianti da donatori deceduti. Da sottolineare che la Cina pratica i trapianti non solo ai cittadini della Cina popolare, Hong Kong e Macao ma, ritenendo Taiwan parte integrante del proprio territorio, anche a cittadini taiwanesi, 322 dei quali hanno ricevuto organi e 175 sono in lista d’attesa.

In mezzo a questa trasformazione, ci sono state evoluzioni della giurisdizione importanti. Nel 2011 Pechino ha reso reato il traffico di organi umani, un crimine per il quale può essere applicata anche la pena di morte, ha sottolineato Wang. Nel 2015 è stato bandito l’utilizzo di organi di detenuti. Tra il 2007 e il 2017 le autorità hanno arrestato 220 persone sospettate di essere coinvolte in traffico di organi e, tra questi, 60 elementi medici ai quali è stata ritirata la licenza. Questi dati smentiscono le accuse arrivate dal gruppo religioso fuorilegge in Cina Falun Gong – non esplicitamente citato durante la conferenza stampa – secondo il quale Pechino utilizzerebbe gli organi dei prigionieri, accusa rispetto alla quale la Cina ha sempre dato nette smentite.

Per Pechino, a questo punto il focus è quello di passare dalla repressione alla prevenzione del traffico di organi. La strategia illustrata da Wang prevede tre punti: la costituzione già avviata da parte della task force che si occupa del problema di un sistema di sorveglianza sul traffico di organi basato sui “big-data”, il controllo incrociato dei punti di contatto tra potenziali recettori e broker del traffico di organi attraverso la sorveglianza delle comunicazioni a partire dai social media e lo scambio d’informazioni con gli organismi stranieri impegnati sullo stesso tema in modo da individuare i potenziali acquirenti quando entrano in Cina con visti turistici.

Proprio la collaborazione internazionale, secondo Wang, è la chiave per procedere nella direzione di una lotta più serrata del traffico di organi. “Nessun paese può fare da solo”, ha precisato il professore cinese. A maggio 2017, ha ricordato, la Cina ha proposto all’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) una task force nell’ambito dell’agenzia Onu per la lotta al traffico di organi per affrontare – nella direzione indicata dal Papa, ha detto ancora Wang – questa “nuova forma di schiavitù umana”.