Save The Children: un bambino su 6 vive oggi in zone di guerra

Oltre 357 milioni di minori, +75% rispetto a inizio anni '90

FEB 21, 2018 -

Roma, 21 feb. (askanews) – Un bambino su sei al mondo, più di 357 milioni di minori, vive oggi in zone colpite dai conflitti. Si tratta di un numero cresciuto di oltre il 75% rispetto all’inizio degli anni ’90, quando i minori in tali contesti erano 200 milioni, stando a quanto si legge nel rapporto “Guerra ai bambini” lanciato oggi da Save the Children.

Circa 165 milioni, quasi la metà del totale, si trovano in aree caratterizzate da guerre ad alta intensità, costretti a fare i conti con sofferenze inimmaginabili. E la Siria è il paese in cui è più difficile vivere per i bambini che si trovano in aree di conflitto, come testimoniato dall’ennesimo attacco che in queste ore si sta svolgendo nell’area di Ghouta, dove stanno perdendo la vita centinaia di civili, tra cui molti bambini.

Bambini e bambine che vengono uccisi, mutilati, rapiti, stuprati, che vedono le loro scuole e le loro case distrutte dai bombardamenti, che vengono reclutati forzatamente nei gruppi e nelle forze armate e che sono tagliati fuori dall’educazione e dall’accesso a cure mediche: questa la denuncia contenuta nel nuovo rapporto lanciato da Save the Children in collaborazione con il Peace Research Institute di Oslo.

La crescente urbanizzazione delle guerre, l’utilizzo di armi esplosive in aree popolate e la natura più complessa e protratta dei conflitti moderni, che hanno messo civili e in particolare i bambini in prima linea, rappresentano le cause principali del peggioramento delle condizioni dei bambini nei conflitti. In particolare, vengono utilizzate tattiche sempre più brutali per colpire i più piccoli, come i bombardamenti diretti alle scuole o sugli ospedali, o l’utilizzo sempre più intenso di bombe a grappolo, a barile o ordigni esplosivi improvvisati, che vedono i bambini essere le prime vittime.

Siria, Afghanistan e Somalia – emerge dal rapporto – si trovano in cima alla classifica dei 10 paesi segnati dalla guerra dove è più difficile essere bambini e dove le conseguenze sulla loro vita sono ancora più gravi. A seguire Yemen, Nigeria, Sud Sudan, Iraq, Repubblica Democratica del Congo, Sudan e Repubblica Centrafricana, mentre Medio Oriente e Africa risultano le macro-regioni che registrano i tassi più alti al mondo di minori che vivono in aree colpite da conflitti (più di uno su tre, il 39% nella regione mediorientale, due su cinque, il 21% nel continente africano).

“Stiamo assistendo a un aumento scioccante del numero di bambini cresciuti nelle aree colpite da conflitti e alla loro esposizione a forme di violenza immaginabili – ha detto Daniela Fatarella, Vice Direttore Generale di Save the Children Italia – i bambini stanno subendo sofferenze che non dovrebbero mai vivere sulla propria pelle, dagli stupri all’essere utilizzati come kamikaze. Le loro case, scuole e campi da gioco sono diventati veri e propri campi di battaglia. Crimini come questi rappresentano abusi intollerabili e sono una flagrante violazione del diritto internazionale”.

“I leader mondiali devono fare di più per assicurare alla giustizia i responsabili di questi abusi. L’incapacità di proteggere i bambini nei conflitti, infatti, non soltanto ha come conseguenza quella di negare il futuro agli stessi minori, ma anche ai loro Paesi – ha aggiunto Fatarella – occorre fare una scelta decisa. Vogliamo continuare a guardare mentre altri bambini muoiono sui banchi di scuola o nei letti d’ospedale, non ricevono aiuti salvavita e vengono reclutati nei gruppi armati? Oppure decideremo finalmente di affrontare la cultura dell’impunità e mettere fine una volta per tutte alla guerra ai bambini?”.

Save the Children chiede agli Stati, alle forze militari e a tutti gli attori coinvolti di impegnarsi urgentemente a mettere in pratica azioni concrete in quattro aree chiave per proteggere tutti i bambini che vivono in aree di conflitto. In particolare, l’Organizzazione chiede l’attuazione di misure per prevenire che i bambini siano messi a rischio, per garantire il rispetto delle leggi e degli standard internazionali, per assicurare alla giustizia i responsabili delle violazioni e per offrire ai minori il necessario supporto perché possano recuperare dai traumi subiti e ricostruire le loro vite.