Presidenziali ceche: Zeman avanti, ma dovrà fare ballottaggio

Si voterà di nuovo per lo spareggio il 26 e 27 gennaio

GEN 13, 2018 -

Praga, 13 gen. (askanews) – Bisognerà attendere il ballottaggio del 26 e 27 gennaio, fra l’attuale capo dello stato Milos Zeman, che ha riscosso il 38,5% dei voti, e lo scienziato Jiri Drahos, fermo al 26,6%, per sapere chi sarà l’inquilino del Castello di Praga nei prossimi cinque anni.

Zeman rimane il favorito, vista la distanza che lo separa dal rivale, ma una serie di segnali indicano la possibilità, concreta, che l’esito finale possa riservare la sorpresa. Queste le sensazioni dopo il primo turno delle elezioni presidenziali della Repubblica ceca, svoltesi con una affluenza alle urne del 62% degli aventi diritto.

Il risultato appare molto aderente alle previsioni delle ultime settimane, con Zeman, in grado di conquistare al primo turno una quota molto elevata di voti, quasi il 40%, ma non sufficiente a consentirgli la immediata rielezione. Con il rischio che quella di oggi si tramuti nella classica vittoria di Pirro per Zeman, il capo dello stato più filorusso e più filocinese d’Europa, che si dichiara a favore della Unione Europea, ma che non perde occasione per criticare Bruxelles. Lo sfidante Jiri Drahos – 68 anni, uno scienziato specializzato in chimica-fisica, ex presidente della Accademia delle scienze – si è fermato al 26%, a prima vista un abisso in meno, ma con il vantaggio di poter contare al ballottaggio sul sostegno di quasi tutti gli altri sette candidati, certamente dei più forti in termini di voti.

L’ex diplomatico Pavel Fischer – già collaboratore di Vaclav Havel – oggi terzo in graduatoria con il 10% dei consensi, ha immediatamente rivolto ai suoi sostenitori l’invito a votare per Drahos al ballottaggio. Allo stesso modo si sono espressi l’imprenditore e autore di canzoni di successo Michal Horacek, oggi al 9%, il medico e attivista per i diritti civili Marek Hilser (9%) e l’ex premier civico democratico Mirek Topolanek (4%).

Un fronte compatto che, in vista del duello decisivo di fine gennaio, non può lasciare sereno Zeman. Quest’ultimo, un tempo leader socialdemocratico, oggi in prima linea sul fronte anti migranti e anti Islam, in questi ultimi anni di terrorismo internazionale e crisi migratoria – da lui definita “una invasione organizzata per distruggere l’Europa, di persone che non possono integrarsi” – non ha mai avuto alcun freno nel puntare al consenso con toni e argomenti smaccatamente populisti. E’ possibile però che queste armi possano non bastargli per la rielezione.

Queste elezioni presidenziali mettono in gioco anche l’asse di potere fra Zeman e il premier Andrej Babis, il politico miliardario, capo del movimento populista dei cittadini scontenti e vincitore delle scorse elezioni politiche. Il governo di minoranza Babis quasi certamente la prossima non riceverà la fiducia della Camera dei deputati. Zeman, nel caso di mancata elezione, rimarrebbe in carica sino all’8 marzo e avrebbe quindi il tempo di affidare un nuovo incarico a Babis, ma è altrettanto chiaro che, senza Zeman, il tycoon della politica ceca perderebbe il fondamentale sostegno istituzionale del Castello.

Anche per questo Babis alla vigilia di questo primo turno ha fatto una dichiarazione di voto a favore di Zeman, esprimendosi con queste parole: “Voto per lui, perché mantiene la parola e non ruba”.

Va ricordato che il premier ceco è coinvolto da qualche tempo in una indagine giudiziaria riguardante il Capi hnizdo (Nido della cicogna), un agriturismo per ricchi, per il quale le società che fanno capo a Babis avrebbero ottenuto un finanziamento europeo senza averne diritto, attraverso manipolazioni della procedura e della documentazione. Della vicenda si sono occupati negli ultimi mesi anche gli ispettori dell’Olaf, l’ufficio antifrode della Unione europea, i quali sono giunti alle medesime conclusioni per le quali gli inquirenti cechi hanno chiesto la autorizzazione a procedere alla Camera dei deputati cechi. Una vicenda per la quale il primo ministro di Praga è diventato ormai un serio motivo di imbarazzo per Bruxelles, ma nella quale Zeman ha sinora continuato a difendere Babis a spada tratta e probabilmente pure questo contribuisce a spiegare il bisogno che il premier ha dell’attuale capo dello stato.

La posta in gioco delle presidenziali ceche è quindi molto elevata e nelle prossime due settimane di campagna elettorale – c’è da scommetterci – se ne vedranno delle belle. La vecchia volpe Zeman, nonostante la salute malferma, farà di tutto per mantenere il trono al Castello di Praga, a costo di servirsi dei mezzi anche più spregiudicati della politica, che già in passato ha dimostrato di saper usare. E il premier Babis, principale proprietario di giornali in Repubblica ceca, non mancherà con ogni probabilità di assicurargli il suo appoggio.

Il professor Drahos – moderato, filoeuropeo, non particolarmente carismatico, ma dall’immagine cristallina – ha il punto debole della poca esperienza in politica. Ha però dalla sua grande calma e serenità, come ha dimostrato in questi mesi di campagna elettorale, durante la quale ha sempre mantenuto un tono pacato, ma fermo contro Zeman. La strada verso il Castello e ancora lunga, ma non è azzardato ipotizzare che possa essere proprio Drahos il futuro presidente della Repubblica ceca.