Texas, giustiziato detenuto: aveva 15 anni al momento dell’arresto

Nessuna prova conclusiva lo legava all'omicidio

OTT 13, 2017 -

Roma, 13 ott. (askanews) – Lo stato Usa del Texas ha giustiziato oggi un uomo condannato per l’uccisione di una guardia carceraria, malgrado la mancanza di prove materiali che stabilissero l’implicazione diretta del detenuto nell’omicidio. Robert Pruett, 38 anni, aveva inoltre solo 15 anni al momento del suo arresto e non ha trascorso un solo giorno della sua vita da adulto al di fuori di una prigione.

Pruett è stato ucciso alle 18.46 locali di ieri (01.46 di oggi in Italia), un’ora dopo che la Corte suprema Usa ha respinto le ultime richieste di clemenza dei suoi avvocati. “Vi voglio solo dire, lo voglio dire a tutti, che amo. Ho fatto male a delle persone e delle persone mi hanno fatto male”, ha detto nelle sue ultime perole di addio, secondo un comunicato della Giustizia pernal del Texas.

Il suo arresto avvenne quando aveva solo 15 anni, per complicità in un omicidio commesso dal padre. Allora fu condannato a una pena di 99 anni di carcere, secondo una legge assai controversa che equipara la pena per un omicida e i suoi complici. Questa condanna non offriva possibilità di redenzione a un adolescente cresciuto tra una madre tossicomane e un padre spesso in prigione. Lo stesso Pruett aveva già cominciato all’età di sette anni a consumare stupefacenti, che vendeva ai suoi compagni di scuola elementare.

Nonostante fose un minore, fu immediatamente incarcerato in una prigione per adulti. All’età di 20 anni si ritrovò accusato dell’uccisione di un agente penitenziario, Daniel Nagle, ritrovato pugnalato. Aveva appena scritto un rapporto disciplinare su Pruett, che fino all’ultimo istante ha rivendicato la sua innocenza.

Dal 2013 Pruett è riuscito a sfuggire all’esecuzione, richiedendo il test del Dna sui vestiti della vittima e sull’arma del delitto. Queste analisi si sono rivelate non concluseve e non hanno provato la presenza di Pruett sulla scena del delitto Nagle. Tuttavia non sono state giudicate sufficienti a rimettere in questione il verdetto.

La famiglia di Daniel Nagle ha reagito all’annuncio dell’esecuzione attraverso la sorella della vittima, Nora Oyler, citata da un comunicato delle autorità texane: “Anche se sono 18 anni che ce l’hanno tolto, Daniel ci manca ancora ogni giorno e l’esecuzione non diminuirà in alcun modo la nostra percdita. Abbiamo scelto di passare questo momento lontano dai media per poter celebrare la vita di Daniel e non la tragedia della sua morte”.

(Fonte Afp)