Trump vorrebbe che la Cina blocchi le forniture di greggio alla Nordcorea

Ma Pechino dice no: abbiamo già fatto enormi sacrifici

SET 15, 2017 -

Roma, 15 set. (askanews) – Il rubinetto della Corea del Nord è in Cina. Questa è la valutazione del presidente Usa Donald Trump, che continua a sollecitare Pechino affinché prenda per la gola Pyongyang. L’occhio in questo momento è tutto sul petrolio, in particolare sull'”Oleodotto dell’amicizia Cina-Repubblica popolare democratica di Corea”.

Il segretario di stato Usa Rex Tillerson, dopo l’ennesimo lancio di un missile balistico effettuato oggi dal regime di Kim Jong Un, si è rivolto a Pechino chiedendo di usare “il potentissimo strumento della fornitura di petrolio” come leva per contenere il riottoso vicino.

La reazione di Pechino è stata immediata. La portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying ha sostenuto che la Cina ha già fatto “enormi sacrifici” e che “non detiene le chiavi della questione della Penisola coreana”.

Gli Stati uniti hanno tentato di far passare nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite un embargo totale delle forniture di petrolio a Pyongyang, ma per ottenere l’unanimità nella risoluzione che ha deciso l’ottavo pacchetto di sanzioni lunedì, ha dovuto ammorbidire la sua posizione.

Non è chiaro quanto petrolio la Cina esporti verso la Corea del Nord. Nel 2014 Pechino ha pubblicato dei dati. La stime dell’Amministrazione sull’informazione per l’energia Usa stima che il Paese consumi solo una piccola quantità, circa 15mila barili al giorno. La gran parte di questi viene dalla Cina. Invece i dati doganali diffusi dall’Onu parlano di 6mila barili al giorno nel 2016.

Il greggio cinese attraversa il fiume Yalu dalla città cinese di Dandong, al centro di gran parte dei traffici sino-nordcoreani, e arriva al terminal di Sinuiju, in Corea del Nord. L’Oleodotto dell’Amicizia è lungo 30 km. E’ stato inaugurato nel 1975 con una capacità di 3 milioni di tonnellate all’anno, ma la compagnia Cnpc che lo gestisce ha fornito nel 2015 un dato di capacità di 520mila tonnellate.

Wang Peng, un esperto di Corea presso l’Istituto Charhar cinese, sostiene che venga usato quasi tutto, se non tutto, per il programma nucleare e missilistico nordcoreano. “Io suppongo – spiega – che nulla rimanga dopo che l’esercito lo finisce. Non credo che la popolazione ne prenda una parte”.

La Cina teme che chiudere il rubinetto possa innescare la caduta del regime nordcoreano. Per quanto Pechino non ami Kim Jong Un, ama ancora meno il vuoto di potere che si potrebbe creare, facendo precipitare la Penisola coreana in uno stato d’incontrollabile instabilità. Senza contare il fatto che la Corea del Nord è ormai un paese con armi nucleari.

C’è poi un problema pratico per Pechino: una volta fermato l’oleodotto, potrebbe essere difficile riportarlo all’operatività precedente. “Alcune persone dicono che l’oleodotto è così vecchio che una volta fermato (…) risulterebbe così ampiamente danneggiato da non poter essere più riparato”, ha spiedato Joost van Deutekom della società di ricerca China Policy con base a Pechino.

Un embargo del petrolio, comunque, non è detto che avrebbe un effetto immediato sul programma bellico nordcoreano. Il Paese ha probabilmente delle riserve, spiega Jingdong Yuan del Centro internazionale per gli studi sulla sicurezza dell’Università di Sidney.

(Fonte Afp)