Kaspersky Lab, Giustozzi: lotta tra diplomazia e intelligence

"Delisting frutto delle tensioni passate e presenti tra Usa e Russia"

LUG 17, 2017 -

Roma, 17 lug. (askanews) – “Nelle lotte più o meno sotterranee che si combattono tra il fronte della diplomazia e quello dell’intelligence, quasi mai le cose sono quelle che appaiono”. È quanto dice a Cyber Affairs Corrado Giustozzi, esperto di sicurezza cibernetica presso l’AgID per lo sviluppo del Cert PA e membro del Permanent Stakeholders’ Group dell’Enisa, commentando la mossa con la quale l’Amministrazione Trump ha cancellato Kaspersky Lab da due elenchi di fornitori accreditati, proibendo così alle agenzie federali di approvvigionarsi di prodotti dell’azienda russa.

“Attenendosi alle versioni ufficiali”, rimarca l’esperto, “il motivo del delisting sta nel timore che la nota azienda di sicurezza possa essere direttamente o indirettamente asservita all’intelligence russa, e i suoi prodotti posseggano pertanto funzionalità nascoste in grado di veicolare attività di spionaggio o intrusione ai danni dei sistemi informativi statunitensi (timori analoghi provengono dalla Russia, dove da qualche tempo le autorità consentono di operare solo a quelle aziende straniere che accettino un controllo più stringente sui prodotti informatici esportati nel Paese, ndr). Di fatto è la prima volta che un’accusa del genere viene formulata in modo così esplicito nei confronti dell’azienda moscovita fondata venti anni fa dal controverso Eugene Kaspersky il quale, oggi miliardario, iniziò la sua carriera diplomandosi in matematica ed informatica alla scuola del KGB e successivamente prestò servizio come software engineer nei servizi di intelligence militare russi”.

La decisione della General Services Administration, ricorda Giustozzi, “non è comunque un fulmine a ciel sereno. In effetti già da qualche tempo in Occidente circolavano insistentemente sospetti sui prodotti Kaspersky. Inoltre nelle ultime settimane l’FBI aveva sistematicamente proceduto ad ‘intervistare’ moltissimi dipendenti della filiale statunitense di Kaspersky Lab, in quella che sembra essere un’indagine a tappeto in ambito di controspionaggio. Tuttavia finora nessuno aveva esplicitamente accusato né i prodotti Kaspersky di essere veicolo attivo di possibili intrusioni, né l’azienda stessa di agire illegittimamente a favore del governo del suo Paese”.

La risposta di Kaspersky Lab, prosegue Giustozzi, “non si è fatta attendere: Eugene in persona, sul suo blog, ha detto che tali accuse sono ridicole e si è offerto sia di testimoniare in prima persona davanti al Congresso americano sia di lasciare ispezionare il codice dei propri prodotti ad un’apposita commissione per mostrare che non contengono backdoor o altre minacce nascoste. Non si è ancora fatto sentire il Cremlino, almeno ufficialmente, e c’è attesa fra gli analisti divisi tra chi si attende a breve ritorsioni e rappresaglie commerciali o diplomatiche e chi invece ritiene che la risposta sarà più morbida”.

Per l’esperto, è comunque probabile “che Kaspersky Lab sia solo una pedina su uno scacchiere geopolitico assai più ampio e complesso, e venga usata come strumento di pressione in un conflitto di natura e portata ben diverse, che pare riguardare più le recenti tensioni tra i due Paesi, soprattutto dopo il Russiagate e a seguito delle accuse di interferenze rivolte a Mosca dall’intelligence Usa durante la scorsa campagna elettorale per le elezioni presidenziali”.

(fonte: Cyber Affairs)