Finita l’era delle centrali nucleari. Esperto: Il futuro? I piccoli reattori

Aperto a Mosca Atomexpo, forum numero uno nel segno dell'atomo

GIU 19, 2017 -

Mosca, 19 giu. (askanews) – L’era delle grandi centrali atomiche è finita e il futuro sarà dei piccoli reattori. Lo afferma in un colloquio con Askanews un esperto di mercato del nucleare, con un passato nella società statale russa Rosatom, Yevgenij Rusak. Il tutto nel giorno di apertura di Atomexpo a Mosca, la più grande piattaforma internazionale per discutere l’attuale situazione dell’industria nucleare e modellarne il suo ulteriore sviluppo. Quest’anno l’argomento principale del forum è la tecnologia nucleare: sicurezza, ecologia, stabilità. “L’energia atomica – dice Rusak – come l’abbiamo conosciuta sta finendo e lo hanno capito bene gli specialisti già da qualche anno. Il mercato è piccolo e ci sono principalmente tre player: l’americana Westinghouse Electric Company, la multinazionale francese Areva (ex Cogema) e la russa Rosatom. In sostanza loro controllano tutto il mercato dell’energia atomica. Ci sono poi altri player, più nel ruolo di fornitori, che si occupano delle infrastrutture: come Rolls-Royce che fornisce le turbine per le centrali atomiche. Praticamente per tutti. E poi c’è la parte del mercato dell’uranio, ma anche qui i ruoli sono già ben divisi: ci sono partecipazione russe in Usa e viceversa”.

Già 10 anni fa era diventato chiaro che le grosse commesse e i maxi progetti stavano per finire. “Costruire una grossa centrale nucleare prima era considerata la soluzione migliore: più grande era, meglio era”, aggiunge l’esperto. “Si poteva fornire una quantità enorme di energia sul mercato. Energia più pulita di quello che si possa pensare, poichè, comunque la si voglia mettere, l’uranio è presente in natura. E in sostanza non ci sono emissioni”. Il tutto nonostante le catastrofi nucleari siano passate alla storia, con grande smarrimento dell’opinione pubblica.

In realtà di tutte le catastrofi, l’unica a rappresentare ancora oggi una minaccia è Fukushima, in Giappone, secondo Rusak. “L’incidente di Three Mile Island, ad esempio, è stato una situazione che poteva trasformarsi in una catastrofe, ma non lo è stata”. Risale al 1979. Fu un parziale meltdown nucleare avvenuto nella centrale in Pennsylvania. Fu il più grave incidente nucleare avvenuto negli Stati Uniti, ma portò in realtà solo al rilascio di piccole quantità di gas radioattivi e di iodio radioattivo nell’ambiente. Ben peggiori potevano essere in Europa le conseguenze di Chernobyl: il sito attualmente è sotto controllo, benchè nella memoria comune il disastro è forse il più grande e nella storia resta uno dei due incidenti classificati come catastrofici con il livello 7. “Quello che invece lascia perplessi è Fukushima. Nessuno ne parla. Anzi mi è capitato di sentire persino che i “giapponesi sono riusciti a cavarsela in fretta” ma non è così. Anzi peggio. La situazione è ancora di attesa. Il rettore incandescente viene raffreddato ad acqua. E non serve grande scienza per capire cosa sta succedendo: una Wikipedia qualsiasi ci può raccontare che per estrarre il combustibile nucleare servono 25 anni, e ne servono ancora almeno 8 per capire cosa fare”.

Fukushima è insomma ancora in sospeso e ha contribuito alla svolta. La tragedia ha avuto un enorme riflesso sul mercato. “La Germania ad esempio ha annunciato allora l’embargo atomico e la Siemens smise di produrre infrastrutture per il nucleare civile. Tutti si presero una pausa. Oggi è chiaro che nessuno può più produrre reattori così grandi”. Non solo e non tento per la tragedia di Fukushima e le sue conseguenze, ma quanto perchè “non c’è più un posto dove costruire reattori di questa portata. I grossi Paesi che hanno bisogno di grosse forniture, o hanno già centrali, o la costruzione di centrali si sta per concludere. Che siano gli Usa o la Cina”.

La produzione di un grosso reattore è tuttavia enorme. “Se accanto non c’è una grossa azienda o una megalopoli, con enorme consumo di energia, si apre la questione della logistica e del trasferimento sul mercato dell’energia prodotta”. E per questo oggi si parla sempre con maggiore convinzione di piccoli reattori. “Gli americani li hanno già costruiti per dei velivoli. Piccoli reattori sono stati inoltre prodotti per i sommergibili (dalla Russia) e questi sarebbero perfetti per produrre energia. Al momento non si possono immettere sul mercato perchè non c’è l’approvazione internazionale, per numerose cause”. Ma la situazione potrebbe cambiare.

Anzi uno dei 3 player sul mercato, l’americana Westinghouse si sta proprio riplasmando in questa prospettiva. E mentre da una parte la società madre Toshiba ha annunciato che la controllata ha presentato istanza per bancarotta (con 9 miliardi di dollari di perdite provenienti dai progetti di costruzione di grossi reattori nucleari), “dall’altra tutto il potenziale economico e di ricerca viene riformato, nella prospettiva della produzione di piccoli reattori”. E anche sul fronte russo, la direzione della ricerca va tutta in quel senso, con la Cina, affamata di energia, già pronta ad acquistare.

Come spiega anche Imre Pazsit, fisico svedese e direttore esecutivo della rivista Annals of Nuclear Energy. “Non ci sarà mai solo una sola fonte di energia – dice – che possa escludere le altre. Ma quella nucleare di sicuro è la più promettente. Per quanto tempo? È difficile dirlo. Ma nel medio termine penso che il nucleare dominerà, poichè è l’unica risorsa che possa essere espandersi. In particolare per paesi come la Cina o l’India che hanno cons. La risorsa idrica ed esempio non è facilmente espandibileumi di elettricità in piena espansione”.