Il Papa tende la mano a Trump ma gli ricorda migranti, clima, pace

Un accordo per il Medio Oriente come possibile terreno di intesa

MAG 24, 2017 -

Città del Vaticano, 24 mag. (askanews) – Non c’è stato neppure bisogno di usare la parola che nelle comunicazioni ufficiali denuncia le divergenze diplomatiche, “franchezza”, per l’incontro tra il Papa e Trump. Che i due uomini la pensino in modo diverso su un ventaglio molto ampio di questioni non era un mistero per nessuno. E, con stile garbato e con il messaggio dei simboli, Jorge Mario Bergoglio non ha mancato di marcare le distanze con il presidente degli Stati Uniti su temi fondamentali come il clima, la pace, gli immigrati. Ma l’udienza tra due uomini che anche la stampa statunitense ha descritto come avversari globali non è stata un “redde rationem” né uno scontro gelido, bensì l’avvio di un rapporto che ha avuto addirittura dei momenti di cordialità.

I due volevano incontrarsi. All’inizio del mandato presidenziale non era evidente che Trump volesse vedere il Papa, un leader che aveva criticato il suo progetto di un muro con il Messico definendolo “non cristiano”. Poi le diplomazie si sono messe al lavoro e ha preso corpo l’idea del faccia a faccia in occasione del G7 di Taormina. Per un presidente statunitense l’incontro con il Romano pontefice è sempre un buon viatico di popolarità, tanto più se i problemi di politica interna ed estera non mancano, tanto più se il Papa ha un forte ascendente sui latinos statunitensi, ancor più se è una personalità carismatica capace di parlare all’America latina e alla Russia, alla galassia cristiana di tutto il mondo e al mondo musulmano.

Con un imponente corteo di suv e auto blindate, scortato da uomini della sicurezza statunitensi, forze dell’ordine italiane e, nell’ultimo tratto, gendarmi vaticani, Donald Trump è arrivato in perfetto orario al palazzo apostolico poco prima delle 8.30. Il tempo disponibile non era infinito, il mercoledì mattina Francesco incontra all’udienza i fedeli che già stavano affluendo in piazza San Pietro. L’incontro a porte chiuse è durato una buona mezz’ora: con Obama nel 2014 furono 50 minuti, così come con Vladimir Putin nel 2015, con il presidente argentino Mauricio Macri l’anno scorso sono stati solo ventidue, non uno di più. Trump ha poi speso altri 50 minuti con il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, affiancato dal ministro degli Esteri della Santa Sede Paul Richard Gallagher. Durante i colloqui, che il Vaticano alla fine ha definito “cordiali”, si è parlato di “comune impegno a favore della vita e della libertà religiosa e di coscienza”, si è ricordato tra l’altro l’impegno della Chiesa “nei campi della salute, dell’educazione e dell’assistenza agli immigrati”. Quanto ai temi internazionali, la pace nel mondo, recita il comunicato vaticano, si promuove “tramite il negoziato politico e il dialogo interreligioso, con particolare riferimento alla situazione in Medioriente e alla tutela delle comunità cristiane”. Se nonostante le distanze siderali su tanti temi Trump si rivelasse un interlocutore prezioso al raggiungimento di questi obiettivi, certo il Papa non esisterebbe a valorizzarlo.

All’inizio dell’udienza i volti non erano rilassati – fin troppo sorridente Trump, quasi accigliato il Papa – ma alla fine dell’udienza i due uomini erano tranquilli e sorridenti. Francesco è sembrato particolarmente a suo agio con la first lady Melania, cattolica fervente abbigliata col velo nero che l’etichetta vaticana suggerisce ma non impone, tanto da scherzare con lei su un dolce sloveno, la potica, che egli apprezza dai tempi dell’Argentina.

Francesco non ha mancato di fare alcune sottolineature al momento dei regali, donando a Trump sia – come avviene con ogni capo di Stato – i suoi tre documenti magisteriali, Evangelii Gaudium, Amoris laetitia e l’enciclia Laudato sì “sulla cura della casa comune, dell’ambiente”, sia – cosa inedita – il suo ultimo messaggio per la giornata della pace, dedicato, quest’anno, al tema della “non violenza”. Il presidente Usa, da parte sua, ha regalato al Papa alcuni libri di Martin Luther King, personalità che Francesco conosce bene tanto da averlo citato nel corso della sua visita al congresso Usa. Al premier Paolo Gentiloni, incontrato più tardi, il presidente Usa ha parlato di un “fantastico incontro” col Pontefice, “una grande personalità”. “Non dimenticherò quello che lei mi ha detto”, ha detto Trump accomiatandosi dal Papa.

Conclusa gli incontri con il Papa e Parolin, Trump ha proseguito i suoi impegni istituzionali italiani, mentre la first lady ha visitato l’ospedale pediatrico Bambino Gesù, di proprietà della Santa Sede, e la first daughter Ivanka ha visitato a Trastevere la comunità di Sant’Egidio, dove ha incontrato alcune donne vittime della tratta. Doppio segno di un accento umanitario e sociale che la Casa bianca ha voluto dare alla tappa romana del viaggio di Trump. Papa Francesco, intanto, era già tra i fedeli di piazza San Pietro per l’udienza generale. Dove, arrivando, si è fermato con un 93enne colombiano, ha ricordato che la Chiesa “non sta rinchiusa in una cittadella fortificata, ma cammina nel suo ambiente più vitale, vale a dire la strada” e lì “incontra le persone, con le loro speranze e le loro delusioni, a volte pesanti” ed ha tenuto a salutare i fedeli di Hong Kong nel giorno della Madonna di Sheshan. Altre persone da ascoltare, altri rapporti da intessere, altri ponti da costruire di un Pontefice che, appunto, non considera cristiano frapporre muri con nessuno.