Ecco come funziona la censura su Facebook

Le regole svelate dal "Guardian"

MAG 22, 2017 -

Roma, 22 mag. (askanews) – Il “Guardian” è venuto in possesso delle regole interne in base alle quali i moderatori di Facebook decidono cosa può restare sul popolare social network “abitato” da due miliardi di utenti e cosa no. E così ha rilevato come, negli oltre 100 manuali d’addestramento e di procedure interne, vengono trattati i post su violenza, razzismo, terrorismo, pornografia persino cannibalismo.

I “Facebook Files” sono stati pubblicati oggi dal quotidiano britannico ed è la prima volta che le norme interne al social network fondato da Mark Zuckerberg, che si trova al centro di critiche e pressioni internazionali in merito alla responsabilità dei suoi contenuti, diventano di dominio pubblico.

“Facebook non è in grado di controllare i suoi contenuti. E’ cresciuto troppo, troppo velocemente”, ha affermato una fonte al Guardian.

Le norme vanno dal tema del “revenge porn”, cioè le immagini a tema sessuale che vengono pubblicate per “vendicarsi” di un ex partner, alle modalità di gestione degli account falsi. Ai moderatori viene indicato come agire attraverso linee guida dotate di immagini e schemi. Questi, tuttavia, devono muoversi su un filo sottile tra la necessità di cancellare contenuti violenti e quella di tutelare il diritto all’espressione.

Per esempio commenti come “qualcuno spari a Trump” devono essere cancellati, perché rappresentano una minaccia a un capo di stato.

Altri come “fottiti e muori” no, perché non sono visti come concreta minaccia.

Il confine è sottile. Per esempio, viene ammesso il fatto che Facebook possa mandare live tentativi di autolesionismo, perché non si vuole “censurare o punire persone in difficoltà”. I video di aborti sono ammessi, se non contengono nudità. Immagini di abusi non fisici o di bullismo tra i bambini possono restare, se non hanno intenti sadistici o celebrativi.

In uno dei documenti pubblicati dal Guardian si prende atto che “la gente usa un linguaggio violento per esprimere la frustrazione online” e “deve poterlo fare” sul sito. Insomma “non tutti i contenuti non condivisibili o sgradevoli violano i nostri standard di comunità”.

La riflessione sui contenuti dei social network, recentemente, ha raggiunto un nuovo picco, anche in seguito a eventi di cronaca che hanno acceso un faro sulla capacità dei gestori degli stessi di controllarne i contenuti. Suicidi in seguito a persecuzioni sui social, ma anche uccisioni avvenute in livestream hanno portato a puntare il dito contro queste piattaforme.

Anche i guru del settore stanno ragionando sul peso che le loro invenzioni hanno nella vita della gente e dei paesi. Per esempio, in un’intervista al New York Times, il cofondatore di Twitter Evan Williams ha fatto un’autocritica: “Senza Twitter probabilmente Trump non sarebbe diventato presidente. Mi dispiace”.

Mos/Int9