Mubarak libero, cosa resta delle primavere arabe?

La geografia del potere nella regione

MAR 24, 2017 -

Roma, 24 apr. (askanews) – Con la scarcerazione oggi dell’ex presidente egiziano Hosni Mubarak giungono simbolicamente al termine fine le cosiddette primavere arabe. Ma dove sono i leader deposti in quella stagione di rivolte e sommosse popolari? E come sono cambiate le strutture del potere nella regione?

EGITTO, MUBARAK Mubarak si dimise l’11 febbraio 2011 dopo trent’anni di governo cedendo il potere all’esercito dopo 18 giorni di rivolta. Arrestato in aprile, al suo posto viene eletto nel giugno 2012 l’islamista Mohamed Morsi, primo presidente eletto dell’Egitto. Morsi ha sua volta viene deposto dall’esercito guidato dall’attuale presidente Abdel Fattah al-Sisi . Condannato all’ergastolo nel 2012 per la sanguinosa repressione della rivolta (850 manifestanti uccisi) è stato assolto dalla corte d’appello il due marzo 2017. Il 24 marzo viene rimesso in libertà.

TUNISIA, ZINEDINE EL ABIDINE BEN ALI Un mese di proteste scatenate dalla povertà e dalla disoccupazione costrinsero il presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali e la sua famiglia a lasciare il paese il 14 gennaio 2011, dopo 23 anni di potere. Rifugiatosi in Arabia Saudita, Ben Ali (80 anni) ha mantenuto un casso profilo comunicando solo tramite i suoi legali. Per corruzione e per le violenze contro i manifestanti è stato condannato all’ergastolo.

SIRIA, ASSAD, ANCORA AL POTERE Il presidente siriano Bashar al-Assad è ancora al potere dopo sei anni di guerra civile in cui il regime è stato sostenuto da Iran, Russia e dagli Hezbollah mentre diversi gruppi ribelli sostenuti da Turchia, stati del Golfo e alcuni governi occidentali tentano di rovesciarlo e chiedono una transizione politica. Le forze ribelli sono state comunque soppiantate dai jahidisti di al Qaida e dell’Isis contro cui è mobilitata una coalizione internazionale.

LIBIA, GHEDDAFI Moamhed Gheddafi venne catturato e ucciso il 20 ottobre 2011 dopo 42 anni di potere mentre cercava di fuggire a Sirte. la sua uccisione fu il punto culminante della rivolta iniziata nel febbraio precedente a Bengasi e poi propagatasi in tutto il paese con i ribelli sostenuti militarmente dalla Nato. Da allora il paese è sprofondato nel caos.

YEMEN, SALEH SI E’ ALLEATO CON I RIBELLI Il presidente dello Yemen Ali Abdullah Saleh si è dimesso nel febbraio 2012 dopo un anno di rpoteste e scontri armati. Era al potere da 33 anni. Abedrabbo Mansour Hadi, il suo vice prese il suo posto per poi essere eletto presidente. Saleh ha però sempre mantenuto il sostegno di parte delle forze armate e quando ribelli sciiti Huthi hanno preso la capitale yemenita Sanaa le truppe leali a Saleh non hanno fatto nulla per fermarlo.da quel momento, Saleh si è alleato con i ribelli e continua a controllare Sanaa e gran parte del nord del paese nonostante l’intervento di una coalizione internazionale a guida saudita.

BAHRAIN, FAMIGLIA REALE INTENSIFICA LA REPRESSIONE Nel 2011 la famiglia sunnita regnante del Bahrain, ha resistito a un mese di proteste popolari (a maggioranza sciita) e alle richieste dei manifestanti, che chiedevano una costituzione e l’elezione di un premier, ha risposto con una durissima repressione. Il re Hamad ha anche sciolto il principale gruppo sciita di opposizione.

ALGERIA, BOUTEFLIKA IN SEDIA A ROTELLE Nel 2011, il presidente algerino Abdelaziz Bouteflika ha arginato le proteste annunciando alcune riforme e al tempo stesso rafforzando il suo controllo del potere temendo il riaccendersi delle tensioni che portarono nel 1990 il paese dentro una sanguinosa guerra civile. Rieletto presidente nel 2014 per un quarto termine, Bouteflika, 80 anni, si mostra raramente in pubblico. Dopo un ictus nel 2013 è costretto sulla sedia a rotelle.

MAROCCO, IL RE MOHAMED VI RINUNCIA AD ALCUNI DEI SUOI POTERI Il re del Marocco, Mohammed VI, è stato uno dei primi leader arabi a far fronte alla spinte delle primavere arabe annunciando una riforma della costituzione nel marzo 2011. Dopo un referendum, ha mantenuto le prerogative reali in campo politico e religioso pura concedendo più poteri al premier e al parlamento.