Isis perde in Iraq, ma Califfato cresce a confine Siria-Israele

Jaysh Khalid bin Walid fa incetta di villaggi a sud di Damasco

MAR 9, 2017 -

Roma, 9 mar. (askanews) – Mentre lo Stato islamico (Isis) sta perdendo terreno in Iraq e nel nord della Siria, un gruppo affiliato all’Isis sta accumulando territorio e potere nel sud-ovest della Siria, a pochi chilometri dal confine giordano e israeliano. E’ quanto sostengono media arabi.

La mattina del 20 febbraio scorso, circa 1.000 combattenti del gruppo jihadista legato all’Isis, Jaysh Khalid bin al-Waleed, hanno lasciato la loro roccaforte nella valle del fiume Yarmouk (Sud Siria a circa 50 chilometri dal confine giordano) espugnando diversi villaggi vicini controllati da ribelli dell’opposizione al regime di Bashar al Assad. Secondo il sito Middle East Eye (MEE), in un primo momento si era pensato che l’attacco fosse “progettato per rompere un lungo assedio e dare a Jaysh Khalid la possibilità di rifornirsi di beni, armi e veicoli”. Tuttavia, invece di tornare nella loro tradizionale roccaforte, i combattenti di Jaysh Khalid hanno proseguito prendendo il controllo delle località di Tseel (34.000 abitanti), Jileen (9.200 abitanti) e Adwan (4.900).

Due giorni dopo, Stephen O’Brien, responsabile Onu per gli aiuti umanitari ha avvertito il Consiglio di sicurezza che il coprifuoco imposto nella zona, ha limitato la mobilità dei civili, e che molti del personale delle Ong non erano riusciti a fuggire prima dell’attacco in questi villaggi, “e ora sono andati in silenzio radio”.

“Credo che Jaysh Khalid sia sempre più forte, perché ha preso veicoli ed armi nelle zone controllate dal ribelli dell’opposizione moderata”, ha detto a MEE un abitante di Tseel

Lo scorso primo marzo, l’Osservatorio siriano per i diritti umani, (una Ong con sede a Londra) ha riferito dell’uccisione in combattimenti di 11 civili, 104 ribelli dell’opposizione moderata e 48 membri di Jaysh Khalid. Ma un attivista della localita di Tafas, a soli quattro chilometri a est della zona controllata Jaysh Khalid, ha detto di aver appreso della morte di 180 combattenti dell’opposizione e 70 jihadisti di Jaysh Khalid.

Esattamente come i jihadisti dell’Isis, secondo MEE, anche il gruppo affiliato di Jaysh Khalid si avvale di un marchio particolarmente brutale di tattiche di combattimento: “Operazioni suicide e decapitazioni”. I social media arabi, sono stati letteralmente inondati da foto di ribelli dell’opposizione moderata decapitati, con le loro teste posizionate sopra i corpi: immagini raccappriccianti nello stile dei Media ufficiali dello Stato Islamico.

Per molti attivisti siriani, Jaysh Khalid, è riuscito nelle sue imprese dopo aver attivato “le cellule dormienti” dell’Isis nella provincia meridionale di Daraa: “Risvegliando queste cellule, i jihadisti hanno trascinato i ribelli locali, già impegnati in una battaglia con le forze governative nella città di Daraa, in un conflitto su due fronti”.

I TIMORI DI AMMAN Secondo fonti di sicurezza citate da MEE, la crescita di Jaysh Khalid “ha causato enorme frustrazione per il Centro delle operazioni militari (MOC) con sede ad Amman, un organismo nato nel 2013 e sostenuto dagli Usa per fornire armi, tattiche e finanziamenti alle fazioni dell’opposizione. Ironia della sorte vuole che le Brigate dei Martiri di al Yarmouk, nome precedente di Jaysh Khalid, fosse finanziato e sostenuto dal MOC fino al 2014.

Alla fine di novembre, aerei da guerra israeliani hanno colpito una posizione Jaysh Khalid nel sud delle alture siriane del Golan. Attacco, seguito nei primi di febbraio da un raid dell’aviazione militare giordana sempre sulla stessa posizione. Entrambi gli attacchi sono stati i primi nel loro genere, ma nessuno dei due sembra aver rallentato lo slancio del gruppo terroristico.

L’analista arabo Aymen al-Tamimi ritiene che un fattore significativo nel corso degli ultimi avvenimenti sia stata la debolezza dei ribelli nel sud, qualcosa che Jaysh Khalid sembra aver compreso e sfruttato. “I ribelli del sud sono militarmente inefficaci e suddivisi in troppe fazioni, e la corruzione ha ostacolato la lotta contro Jaysh Khalid”, ha spiegato a MEE.

Ma non è solo la mancanza di volontà dei ribelli di combattere a d aver favorito l’ascesa dei jihadisti. Secondo MEE, esiste un altra questione, se possibile, ancora più spinosa: “Non tutti i gruppi ribelli sono necessariamente interessati a sconfiggere Jaysh Khalid”, afferma il sito ricordando che “lo spettro dei ribelli del sud va dal secolare all’islamista, e molti di questi gruppi non sono disposti ad uccidere altri musulmani, come si proclama Jaysh Khalid”. Per accreditare il suo teorema, il sito ricorda un colloquio fatto con un membro di Jaysh Khalid nel dicembre 2016, il quale ha dato questa spiegazione per le sconfitte dei ribelli sostenuti dagli Usa: “Non ci sono combattimenti. Le battaglie sono diventate qualcosa di concordato (…) solo per le fotografie”.

La brutalità e la diffusione delle decapitazioni di questa ultima offensiva possono aver spinto l’opposizione ad agire più concretamente: lo scorso primo marzo, l’Esercito libero siriano dell’opposizione moderata ha annunciato l’istituzione di un’alleanza di 16 gruppi ribelli proprio per fare fronte ai jihadisti di Jaysh Khlaid nel sud-ovest della Siria.

NUOVO CALIFFATO? E’ in corso la nascita di un nuovo Califfato? Secondo i comunicati stampa dell’opposizione moderata i ribelli stanno facendo progressi nel sud. Ma l’analista Tamimi si mostra scettico su questi proclami: “Non vedo una sconfitta per Jaysh Khalid. Penso che Jaysh Khalid voglia stabilire un Califfato a Daraa occidentale. Se ci riuscissero, sarebbe una dimostrazione di forza, trovandosi vicino a Israele, alla Giordania e a Damasco. Per loro, avere una forte presenza accanto a questi confini è strategico, in quanto sono abbastanza vicini da potere colpire o bombardare Israele e Giordania”.