Siria, riunione a Ginevra: opposizione chiede negoziati diretti

Oggi riprende dialogo. Mosca ad Assad: stop raid durante colloqui

FEB 23, 2017 -

Roma, 23 feb. (askanews) – Riprendono oggi a Ginevra i negoziati per una soluzione del conflitto in Siria. Un quarto round di colloqui, dopo quelli avvenuti lo scorso anno, da cui l’inviato speciale dell’Onu Staffan De Mistura non si attende “una svolta immediata”. L’opposizione siriana ieri ha reclamato “negoziati diretti” con la delegazione del regime di Damasco, mentre la Russia ha chiesto al governo di Bashar al Assad di fermare i bombardamenti aerei in Siria durante i lavori nella città svizzera.

La delegazione del governo di Damasco e quella dell’Alto Comitato per i negoziati (Hcn), che raggruppa i movimenti chiave dell’opposizione, sono guidate rispettivamente dall’ambasciatore siriano presso le Nazioni Unite, Bashar al Jaafari, e da Nasr al-Hariri e Mohamamd Sabra, quest’ultimo considerato molto vicino alla Turchia. “Chiediamo negoziati diretti. Questo ci farà risparmiare tempo e sarà una prova di serietà, piuttosto che negoziare in camere” separate, ha detto il portavoce dell’Alto comitato per i negoziati, Salem Maslet, riferendosi ai precedenti colloqui “indiretti” di Ginevra dello scorso anno. Maslet ha ricordato che l’Hcn aveva già chiesto negoziati diretti nell’ultimo incontro di aprile. “Noi siamo qui per negoziare. Iniziamo negoziati diretti e discutiamo dell’organo di governance di transizione”, ha commentato.

De Mistura ha spiegato ieri di non attendersi “una svolta immediata”, ma solo uno “slancio positivo” per nuovi incontri in un futuro non troppo lontano. L’inviato Onu ha tuttavia confermato che “la Russia ha annunciato a tutto il mondo di avere formalmente chiesto al governo siriano di lasciare il cielo silente durante le discussioni” a Ginevra sul conflitto in Siria.

Intanto, dall’ultima sessione, nell’aprile del 2016, la situazione sul terreno è molto cambiata. Le forze del regime hanno riconquistato Aleppo e le milizie ribelli non controllano che il 13% del territorio. La Turchia, che sostiene l’opposizione, è di fatto diventata parte belligerante, dopo l’intervento delle sue truppe di terra nelle aree occidentali del Paese. Ankara, inoltre, si è avvvicinata a Mosca, che però è la principale alleata del regime, e sponsorizza con Russia e Iran un cessate il fuoco molto fragile, negoziato ad Astana, in Kazakistan.

Sul buon esito del negoziato pesa come un macigno la grande incognita degli Stati uniti. Donald Trump, che ha chiesto al Pentagono entro al fine di febbraio nuovi piani per la lotta contro i jihadisti dell’Isis, non ha finora mostrato una reale intenzione di coinvolgere gli Usa negli sforzi diplomatici per risolvere un conflitto che ha fatto oltre 310.000 morti e milioni di rifugiati e sfollati. La stessa opposizione siriana non ha nascosto la sua costernazione per la posizione ambigua degli Usa. “La posizione del presidente Trump sulla Siria e il Medio Oriente non è ancora chiara”, ha ammesso un altro portavoce dell’Hcn, Ahmed Ramadan, mentre una fonte diplomatica degli Stati Uniti si è limitata a ribadire ieri che “gli Usa rimangono impegnati a trovare una soluzione politica al conflitto siriano”.

(con fonte afp)