Sudan: Italia ha aiutato per revoca sanzioni Usa. Amministrazione Trump ha già approvato

Intervista al Ministro delle Finanze Bader Eldin Mahmmoud Abbas

GEN 24, 2017 -

Roma, 24 gen. (askanews) – La nuova amministrazione americana di Donald Trump “ha approvato” la decisione di revocare parte delle sanzioni economiche, finanziarie e bancarie in vigore dal 1997 contro il Sudan, annunciata il 13 dicembre scorso dall’amministrazione uscente di Barack Obama, e “abbiamo già contatti con la nuova amministrazione”. E’ quanto ha detto oggi ad askanews il ministro delle Finanze e della Pianificazione economica sudanese, Bader Eldin Mahmmoud Abbas, durante la tappa a Roma di un tour nelle capitali europee volto a sostenere il reintegro del Sudan nella comunità economica internazionale e a incentivare gli investimenti esteri nel Paese africano proprio alla luce della decisione americana. Una decisione che in Europa è stata “sostenuta da Italia e Germania”, a cui oggi Khartoum chiede di farsi ancora promotori per la cancellazione del proprio debito.

“C’è un accordo tra il nostro governo e l’amministrazione americana per portare avanti il dialogo per arrivare a una normalizzazione dei rapporti bilaterali. La decisione annunciata da Obama rappresenta il primo capitolo del dialogo avviato tra le due parti e ci siamo impegnati a proseguire nel cammino della normalizzazione dei rapporti”, ha precisato il ministro. Dopo l’annuncio dell’ex presidente americano, il dipartimento del Tesoro ha autorizzato le transazioni economiche e commerciali e ha sbloccato i beni sudanesi che erano stati congelati. Oggi sono ancora in vigore sanzioni di carattere militare e quelle adottate contro singoli individui, e il Sudan continua a figurare nella lista degli Stati accusati di sostenere il terrorismo.

Il ministro ha ricordato le iniziative adottate dal suo governo per ottenere la parziale revoca delle sanzioni: “Abbiamo cooperato nella lotta al terrorismo, anche dal punto vista bancario, facendo nostri gli standard per la lotta al riciclaggio e alle fonti di finanziamento dei terroristi; stiamo continuando a cooperare a sostegno del processo di pace in Sud Sudan, per la stabilizzazione tra Sudan e Sud Sudan e nella regione; garantiamo l’accesso agli aiuti umanitari alle zone di guerra; abbiamo portato avanti il Dialogo nazionale e abbiamo già raggiunto un accordo sui principi più importanti di governo del Paese e su come rafforzare il sistema democratico, e stiamo andando incontro anche ad altre formazioni di opposizione, trattando anche con i gruppi ribelli delle regioni Darfur, South Kordofan e Blue Nile che non fanno parte del Dialogo nazionale, per convincerli a partecipare”.

Lo scorso ottobre, il governo e le opposizioni coinvolte hanno concluso il Dialogo nazionale iniziato un anno prima per mettere fine ai conflitti in atto in alcuni Stati del Paese e per fronteggiare la crisi economica, adottando un “documento nazionale” che fungerà da cornice per una nuova costituzione. A dicembre il parlamento ha quindi approvato un emendamento presentato dal presidente Omar al Bashir che prevede la reintroduzione della carica di primo ministro, abolita nel 1989 quando Bashir arrivò al potere con un golpe. Al momento il Sudan ha una costituzione transitoria adottata nel 2005, prima della nascita del Sud Sudan, avvenuta nel 2011 al termine di due decenni di guerra civile. “E nei prossimi mesi verrà formato un governo nazionale”, ha ricordato oggi il ministro.

Mahmmoud Abbas ha anche ricordato che continua a lavorare per la normalizzazione dei rapporti con gli Stati Uniti il Comitato formato da rappresentanti dei ministeri della Difesa, degli Esteri, del Welfare e delle Finanze, oltre che della Banca centrale e dei Servizi di intelligence e della sicurezza, che nei mesi scorsi ha avuto a Khartoum numerosi incontri con le controparti americane, prima di arrivare alla decisione annunciata da Obama. Il ministro degli Esteri sudanese Ibrahim Ghandour ha riferito nei giorni scorsi di 23 incontri avuti con “la Cia, il dipartimento alla Difesa, l’Ufficio di controllo dei beni stranieri, il dipartimento del Tesoro e altri”.

Il ministro delle Finanze sudanese non ha nascosto come la decisione annunciata da Obama abbia “un grande impatto sulla nostra economia, perchè abbiamo sofferto molto per le sanzioni, che ci hanno isolato dalla comunità economica internazionale. Ora possiamo tornare a operare nel mercato finanziario e bancario, possiamo promuovere le esportazioni e il mercato delle materie prime e aprire le porte agli investimenti diretti”. E non bisogna dimenticare “che le sanzioni ostacolavano anche il trasferimento di tecnologie, soprattutto nel settore agricolo, e l’arrivo di pezzo di ricambi, necessari soprattutto per le infrastrutture”.

“Abbiamo riformato l’economia per vivere sotto sanzioni, portando avanti riforme per stabilizzare l’economia e diversificare la produzione”, ha precisato Mahmmoud Abbas, ricordando che “il nostro Pil è stato del 4,9% nel 2016”. “Ma le sanzioni ci hanno penalizzato nelle transazioni bancarie, soprattutto con le contraparti straniere e anche il nostro settore manifatturiero ne ha sofferto molto”.

Khartoum punta ora sugli investitori stranieri, ma rilancia anche per la cancellazione del debito che, secondo la Banca mondiale, alla fine del 2014, era di 43,6 miliardi di dollari in termini nominali: “Italia e Germania sono stati i Paesi che più ci hanno aiutato per ottenere la revoca delle sanzioni. E ora vogliamo discutere con loro su come possono sostenerci nel favorire la cancellazione del debito, nell’ambito dell’iniziativa internazionale per i Paesi poveri altamente indebitati. Vorremmo ricordare che il Sudan si è fatto carico di tutto il debito dopo la nascita del Sud Sudan. Vorremmo che venisse cancellato”.