Obama estende sanzioni alla Russia per un anno, Trump: pronto a revocarle

Ma a Mosca si teme l'imprevedibilità del nuovo presidente Usa

GEN 14, 2017 -

Roma, 14 gen. (askanews) – Barack Obama ha ordinato l’estensione per un anno delle sanzioni varate contro la Russia per il suo ruolo nella crisi ucraina e l’annessione della Crimea e, nelle stesse ore, Donald Trump ne ha prospettato la revoca, “se si va d’accordo e se la Russia sarà d’aiuto”: le opposte visioni del rapporto con Mosca del presidente americano uscente e di quello che dal 20 gennaio siederà alla Casa Bianca si sono suggestivamente incrociate nelle ultime ore. Nella notte tra venerdì e sabato, infatti, il capo dello Stato ha stabilito di “continuare l’emergenza nazionale dichiarata con l’ordine esecutivo 13660 riguardo l’Ucraina”, ovvero il primo lotto di sanzioni adottate a marzo 2014 contro singoli individui, entità o compagnie coinvolte nella “violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina”, con cui veniva vietato anche l’ingresso negli Usa ad alcuni alti funzionari russi. Un messaggio soprattutto politico, dato che tra pochi giorni Obama non sarà più presidente e al suo posto ci sarà quel Trump che al Wall Street Journal ieri sera ha detto che tasterà il terreno con Vladimir Putin e poi vedrà il da farsi riguardo le sanzioni.

In realtà il presidente eletto ha parlato delle ultime misure punitive volute da Obama, quelle ordinate il 29 dicembre per le interferenze russe nel processo elettorale statunitense, compresa l’espulsione di 35 diplomatici russi. “Almeno per un certo periodo saranno mantenute”, ha dichiarato, ma “perchè sanzionare qualcuno se sta facendo davvero grandi cose?”, ha aggiunto il miliardario nel mirino dell’intelligence, dei democratici e anche di parecchi compagni di strada repubblicani per i suoi presunti legami con la Russia.

L’ipotesi di una collaborazione con Mosca su dossier internazionali, a partire dalla lotta all’Isis e al terrorismo jihadista è tornata più di una volta nei discorsi di Trump, che si è detto disposto al dialogo con la Russia di Putin, pur mettendo in conto che le cose potrebbero andare diversamente. “Potremmo non andare d’accordo, c’è una buona possibilità che questo accada – ha detto durante la sua prima conferenza stampa mercoledì scorso – credete che in quel caso sarei meno duro di Hillary Clinton? Ma fatemi il piacere!”.

Che dopo tante aspettative il feeling con il Cremlino naufraghi nella realtà di divergenti interessi è un pericolo messo in conto a Mosca sin dalla prima ora. Dove alle speranze di “dialogo” ribadite quasi quotidianamente si affianca una evidente cautela. “Gli imprevedibili sono sempre un pericolo, finchè sono imprevedibili”, osserva una fonte vicina al Cremlino che ammette: “A Hillary Clinton erano tutti pronti, a Trump è difficile prendere le misure”. Il timore è che il nuovo presidente dalle grandi aperture possa, improvvisamente, passare allo scontro aperto. Quanto al dossier con cui la Russia potrebbe ricattare Trump, si rinvia alle parole del portavoce di Putin, Dmitri Peskov: “Non commentiamo così a lungo le bufale”.

Per iniziare a prendere le misure, i russi hanno invitato il team di Trump ai negoziati di Astana, in agenda il 23 gennaio. La prossima Amministrazione ha fatto sapere di non avere ancora deciso se partecipare o meno, ma in ogni caso qualsiasi cosa verrà decisa nella capitale del Kazakistan, sarà affare di Donald Trump, anche se sulla crisi siriana il presidente eletto non ha mostrato finora grande interesse.