L’inferno in Amazzonia

Sei decapitati durante la rivolta in carcere che ha fatto 60 morti

GEN 2, 2017 -

Rio de Janeiro, 2 gen. (askanews) – E’ salito ad almeno 60 morti il bilancio della sommossa scoppiata ieri nel penitenziario Anísio Jobim di Manaus. La rivolta, andata avanti per 17 ore, ha avuto inizio dopo alcuni scontri tra esponenti di bande rivali.

Almeno sei persone sono state decapitate e i loro corpi sono stati portati fuori dalla prigione. “Ci sono almeno 60 morti al momento”, ha confermato il responsabile dei penitenziari dello stato dell’Amazzonia, Pedro Florencio.

Circa 622.000 persone sono state arrestate in Brasile dalla fine del 2014, secondo i dati forniti dal ministero delal Giustizia locale. Si tratta della quarta più numerosa popolazione carceraria del pianeta dopo quelle di Stati uniti, Cina e Russia. “Questo è il più grande massacro compiuto in una prigione in Amazzonia”, ha detto il ministro per la Sicurezza pubblica dello stato dell’Amazzonia, Sergio Fontes.

L’ammutinamento, nel corso del quale 12 guardie sono state prese in ostaggio, è iniziato ieri pomeriggio e si è concluso questa mattina. La sommossa è stata provocata da uno scontro tra detenuti di due organizzazioni criminali, il gruppo locale Fdn (Familia do Norte) e il Pcc (Primeiro Comando da Capital), con sede a San Paolo.

“Nel corso dei negoziati, i prigionieri hanno chiesto quasi nulla, solo che non vi fossero eccessi all’arrivo della polizia”, ha dichiarato Fontes alla radio locale Tiradentes. “Pensiamo che hanno fatto quello che volevano: uccidere i membri dell’organizzazione rivale e ottenere la garanzia che non sarebbero stati attaccati dalla polizia. La Fdn ha massacrato i sospetti membri del Pcc e altri rivali”, ha aggiunto il funzionario.

Gli ammutinamenti sono comuni nelle carceri sovraffollate del Brasile, che sono controllate internamente da fazioni criminali in lotta per il controllo del traffico di droga. (Foto da social media).

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