Il “cambiamento” auspicato dalla diplomazia vaticana in Siria

Ieri l'appello del Papa per i civili di Aleppo, oggi la consegna della lettera ad Assad

DIC 12, 2016 -

Roma, 12 dic. (askanews) – “Speriamo che avvenga un cambiamento”. In un’intervista a “Vida Nueva” di fine novembre, il nunzio apostolico in Siria, Mario Zenari, parlava così del conflitto nel Paese mediorientale. Primo dei cardinali creati da Papa Francesco al concistoro del mese scorso – e, con una storica decisione del Pontefice latino-americano, unico nunzio a ricevere la berretta cardinalizia rimanendo al contempo ambasciatore nel Paese segnato dalla guerra – il neoporporato ha consegnato oggi (lo ha riferito l’agenzia stampa siriana Sana) una lettera del Papa al presidente siriano Bashar al Assad.

Nell’intervista di pochi giorni fa, Zenari rispondeva così al giornalista che domandava se si troverà una via di uscita dalla guerra. “Tutto è possibile. C’è stato anche un miracolo. Io lo chiamo così, sebbene non se ne parli molto. A settembre del 2013, in un momento molto difficile, vi era il rischio di un intervento da parte di alcuni Paesi. Poi il Papa ha fatto quella bella iniziativa di preghiera e digiuno. In quel momento, prima della crisi in Crimea e Ucraina, le due superpotenze erano unite e si produsse un miracolo: lo smantellamento dell’arsenale chimico in Siria. Se c’è stato quel risultato che nessuno avrebbe potuto immaginare, potrebbe realizzarsi nuovamente un cambiamento positivo, sempre che vi sia accordo tra le due superpotenze. Vi è dunque una chiave per risolvere il conflitto”. Il trasparente riferimento del nunzio è alla veglia di preghiera in piazza San Pietro in seguito alla quale il presidente Usa Barack Obama decise di desistere dall’ipotizzato intervento militare in Siria. Lei crede che l’elezione di Donald Trump potrebbe favorire una soluzione, dati i buoni rapporti del presidente Usa con quello russo Vladimir Putin? “Wait and see”.

Nei giorni scorsi, peraltro, sia il ministro degli Esteri russi, Sergei Lavrov, che il Segretario di Stato uscente, John Kerry, a Roma per i “Mediterranean dialogues”, hanno incontrato il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin e, a quanto filtrato, sia l’Ucraina che, soprattutto, la Siria sono stati al centro dei colloqui.

Una situazione, quella siriana, che sta molto al cuore al Papa. Il quale, in particolare, non ha mancato di ribadire il proprio allarme per la popolazione civile di Aleppo, proprio mentre le forze lealiste riconquistano anche i quartieri orientali della città. “Ogni giorno sono vicino, soprattutto nella preghiera, alla gente di Aleppo”, ha detto all’Angelus di ieri. “Non dobbiamo dimenticare che Aleppo è una città, che lì c’è della gente: famiglie, bambini, anziani, persone malate… Purtroppo ci siamo ormai abituati alla guerra, alla distruzione, ma non dobbiamo dimenticare che la Siria è un Paese pieno di storia, di cultura, di fede. Non possiamo accettare che questo sia negato dalla guerra, che è un cumulo di soprusi e di falsità. Faccio appello all’impegno di tutti, perché si faccia una scelta di civiltà: no alla distruzione, sì alla pace, sì alla gente di Aleppo e della Siria”.

L’Osservatore Romano, da parte sua, anche oggi dedica un ampio articolo di cronaca alla situazione siriana, sottolineando che “secondo gli analisti, lo sforzo per sottrarre Aleppo Est al controllo delle forze dell’opposizione ha finito per ridurre significativamente la presenza militare siriana in altre parti del Paese. E di questo a risentirne è stata in primo luogo la difesa della città di Palmira. La riconquista del prezioso sito archeologico, già gravemente danneggiato dai miliziani nei dieci mesi di occupazione, rappresenta un grave colpo al governo di Bashir Al Assad, che ne aveva riottenuto il controllo a marzo grazie al sostegno militare di Mosca. Come detto, giovedì 8 dicembre l’Isis aveva lanciato la sua offensiva ottenendo il controllo di campi di petrolio e gas e arrivando a minacciare anche la base aerea utilizzata dalle forze aeree russe. Giunti a ridosso di Palmira, i miliziani avevano quindi ingaggiato le truppe siriane su diversi fronti. Sabato sono entrati in città: circa quattromila miliziani sono riusciti a riottenere il controllo della città vecchia e di diverse aree nella zona di Tadmur (l’odierna città a ridosso del sito archeologico), ritenuta strategica per via della presenza di giacimenti di petrolio e gas. Inoltre, secondo fonti di stampa, i jihadisti avrebbero preso dei carri armati, dei veicoli militari e diversi tipi di munizioni abbandonati dall’esercito siriano. Circa 120 soldati siriani sarebbero stati uccisi”.