Usa 2016, oggi l’Election Day. Gli Obama: facciamo la storia con Hillary

Il presidente uscente e Michelle hanno esortato a votare per la prima donna alla Casa Bianca

NOV 8, 2016 -

New York, 8 nov. (askanews) – L’Election Day è arrivato e l’America è chiamata a scegliere il suo 45esimo presidente. E magari a fare di nuovo la storia. Se otto anni fa era stato eletto il primo presidente afroamericano della nazione, oggi per la prima volta a diventare Commander in chief potrebbe essere una donna: Hillary Clinton. E’ infatti la candidata democratica ad essere in vantaggio, di circa tre-sei punti percentuali a seconda del sondaggio, sul rivale repubblicano Donald Trump. Ed è lei, secondo il Washington Post, ad avere in tasca 275 grandi elettori ossia cinque in più del numero magico di cui ha bisogno per conquistare la Casa Bianca. Molto dipenderà dall’affluenza e da quanto i comizi finali dei due sfidanti siano riusciti a fare leva su un elettorato chiamato a decidere su due visioni dell’America opposte. Una, quella di Clinton, che presuppone che la nazione sia già grandiosa e che si deve continuare sulla strada tracciata da Barack Obama; l’altra, quella di Trump, in cui bisogna rendere l’America di nuovo “great” smontando buona parte di quanto fatto dal presidente uscente.

Con l’intento di convincere gli afroamericani e i più giovani, ossia coloro che garantirono il successo di Obama nel 2008, Clinton ha trascorso tre delle quattro tappe di ieri tra Michigan e Pennsylvania, due Stati in cui il voto anticipato è limitato e dove spingere l’elettorato a recarsi alle urne è particolarmente importante. Trump – che ha visitato cinque Stati alla vigilia delle elezioni – ha fatto leva sul nocciolo duro di fan che stanno ciecamente dalla sua parte, facendosi allo stesso tempo strada in Stati come il Michigan che sono storicamente democratici.

MICHELLE OBAMA: FACCIAMO DI NUOVO LA STORIA

Per il suo ultimo comizio, Clinton ha scelto un luogo simbolico: Philadelphia. E un cast al completo: il marito Bill e la figlia Chelsea, ma soprattutto Michelle e Barack Obama. Nella città della Pennsylvania dove 240 anni fa è stata firmata la Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America, il compito di convincere gli elettori ad andare a votare per Clinton e segnare una nuova storica tappa è andato alla first family che un capitolo dei libri di storia l’ha già conquistato. “Queste elezioni sono nelle vostre mani”, ha detto la first lady avvertendo: “Se domani uscite e andate a votare, Hillary Clinton vincerà. Ma se state a casa o giocate con un voto di protesta, allora il suo rivale vincerà. Punto. Fine della storia”.

Michelle ha chiesto alla folla di votare per fermare “chi cerca di dividerci e di impaurirci”, per “dire che questo Paese è sempre stato grandioso”. Un Paese in cui una persona come lei proveniente dal quartiere più pericoloso di Chicago, South Side, e il cui trisnonno era uno schiavo “può andare alle università più prestigiose sulla Terra; un Paese dove il figlio “birazziale” di una madre single dalle Hawaii (Barack, ndr) e un figlio di una madre single da Hope, Arkansas (Bill Clinton, ndr) possono riuscire entrambi ad arrivare alla Casa Bianca; un Paese dove una giovane donna appassionata e schietta, determinata a fare tutto il bene che può, può rompere ogni barriera di genere e diventare il nostro presidente”. Per Michelle Obama “questo è il potere” che gli americani hanno; questa “è la storia che possono fare” con l’Election Day, ma solo votando per Hillary.

BARACK OBAMA: HILLARY LAVORERA’ SODO, NON TWITTERA’ SOLTANTO (COME TRUMP)

Nella stessa città in cui l’ex segretario di Stato nonché ex first lady ed ex senatore ha accettato lo scorso luglio la nomination, diventando la prima donna a farlo per un grande partito, il Commander in chief in carica non ha risparmiato lodi per Hillary, “brillante, costante, ben preparata, più di me e più di Bill”. Obama ha promesso che lei “lavorerà sodo. Porterà a casa i risultati. Non si limiterà a twittare”, una frecciata chiara a Trump e al suo amore per i cinguettii del sito di microblogging, che gli sarebbe stato vietato dal suo staff nell’ultimo miglio della campagna, per limitare i danni. Su questo Barack ha infierito, strappando risate nel pubblico: “Nel fine settimana la sua campagna non gli ha fatto usare il suo account Twitter perché lui è inaffidabile. Se i suoi consulenti più stretti non si fidano dei suoi tweet, come noi potremmo fidarci e affidargli i codici nucleari?”.

Alla fine di una giornata in cui in un altro comizio aveva rispolverato il motto della sua campagna del 2008, Obama ha fatto leva sulla “resilienza” e sulla “forza” dell’America -capace di superare la peggiore crisi dalla Grande Depressione degli anni ’30 del secolo scorso- per dire “insieme abbiamo trasformato ‘Yes, we can’ in ‘Yes, we did'”. Otto anni dopo la sua ascesa sul palcoscenico della politica mondiale, Obama ha chiesto agli elettori di dare a Clinton la stessa chance che fu data a lui nel 2008 e poi di nuovo nel 2012. “Scommetto su di voi ancora una volta. Scommetto che domani (oggi, ndr) molte mamme e papà in America non voteranno per qualcuno che denigra le loro figlie”, riferimento ai commenti sessisti per cui Trump è diventato famoso. “Scommetto che molti americani non voteranno per qualcuno che considera le minoranze, gli immigrati e i disabili come esseri inferiori, che considera le persone che praticano fedi diverse come qualcosa di sospetto. Scommetto che i giovani andranno a votare perché il loro futuro è in gioco. Scommetto che gli uomini di questo Paese non avranno problemi a votare per il candidato più qualificato che capita sia una donna”. Un Obama che si è detto ancora pieno di speranza e ottimismo, scommette sulla saggezza del popolo statunitense affinché rigetti “politiche del risentimento e scelga politiche che dicono che insieme siamo più forti”.

GLI OBAMA PASSANO IL TESTIMONE A HILLARY

I coniugi Obama hanno di fatto dato il loro commiato con un tocco di sentimentalismo: l’intervento di ieri “è forse l’ultima cosa e la più importante che posso fare per il mio Paese da first lady”, ha detto Michelle. “Sarà probabilmente il mio ultimo giorno di campagna elettorale per un bel po”, aveva dichiarato nel pomeriggio Barack. Per quanto fatto con “grazia, forza, splendore” dalla first family, Hillary ha preso l’ultima parola della serata dicendo che il popolo americano può ringraziarli andando a votare. Convinta che “i giorni migliori per l’America debbano ancora arrivare”, Hillary ha invitato a fare una scelta netta tra “divisione e unità, tra un’economia che funziona per tutti e una che lavora solo per quelli al top” della scala sociale, “tra una leadership forte e una che mette a rischio tutto”. Per Clinton e per l’America in generale, l’Election Day “è un test”. Da esso dipenderanno le sorti del Paese.

ALLE URNE ATTESI 130 MILIONI DI AMERICANI, SI TEME IL CAOS

Ora non resta che vedere se l’Election Day riserverà sorprese e colpi di scena così come successo nel corso di una campagna elettorale improbabile. Già c’è lo spettro di code lunghe d’attesa per i circa 130 milioni di americani attesi ai seggi (in 42 milioni hanno già votato); non sono esclusi il caos e le liti tra elettori con vedute diverse né la possibile intimidazione esercitata da simpatizzanti repubblicani intenti a individuare potenziali frodi. Per questo in alcuni seggi si è messo nero su bianco quali sono i comportamenti ritenuti accettabili e quali no. Questo 8 novembre potrebbe concludersi con un’ultima trovata di Trump: il rifiuto di accettare la vittoria dell’avversaria, cosa su cui la stessa Clinton ha messo in guardia ieri. Per questo ha incitato la folla di Philadelphia: “Mostriamogli che non ci saranno dubbi” sull’esito delle elezioni, vinte le quali lei promette di essere “un presidente per tutti”.