Venezuela, oggi lo sciopero generale contro Nicolas Maduro

Governo minaccia occupare con esercito fabbriche che sciopereranno

OTT 28, 2016 -

Caracas, 28 ott. (askanews) – Oggi è il giorno dello sciopero generale in Venezuela, lanciato dall’opposizione di centro-destra contro il presidente socialista Nicolas Maduro: “L’appello allo sciopero dei cittadini è per il popolo: lasciate le strade e i posti di lavoro vuoti (….) mettiamo pressione sul governo affinché rispetti la Costituzione e il nostro diritto di decidere”, si legge nel comunicato della coalizione “Tavolo per l’unità democratica.

Dal canto suo il presidente ieri ha aumentato del 40% il salario minimo, balzato a 140 dollari al mese. Un aumento significativo solo in apparenza, poiché l’inflazione galoppante è ormai fuori controllo: per l’Fmi quest’anno ha raggiunto il 475% e l’anno prossimo potrebbe esplodere al 1.660%.

Lo sciopero avrà inizio alle 6 ora locale, le 12 in Italia, e durerà fino alle 18 (mezzanotte in Italia). Il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez ha detto che “non tollererà alcun tipo di cospirazione” e ha minacciato di far occupare dall’esercito e dai lavoratori le aziende che prenderanno parte allo sciopero. Le forze armate, molto potenti, hanno assicurato il loro sostegno al presidente e promesso di “difendere con la vita” il progetto socialista e il “governo legittimo di Nicolas Maduro”.

Segnali premonitori della tensione nel Paese, piegato dalla crisi economica dovuta in gran parte al crollo del prezzo del petrolio, ieri ci sono stati scontri a Caracas davanti all’Assemblea nazionale tra i partigiani del governo e le forze dell’ordine. Lo sciopero fa parte della strategia dell’opposizione per rispondere al blocco del referendum per la revoca del presidente. Mercoledì scorso una manifestazione anti-Maduro aveva raccolto centinaia di migliaia di persone e si era conclusa con scontri, arresti, feriti e un poliziotto ucciso.

L’opposizione, maggioritaria in Parlamento, sta tentando con ogni mezzo di costringere Nicolas Maduro, eletto nel 2013 e il cui mandato si conclude nel 2019, alle dimissioni, imputandogli inefficienza e incapacità a risolvere la crisi economica.

(fonte afp)