Putin scomparso e altre bufale, parla Mettan autore “Russofobia”

Libro per capire perchè Mosca ci è descritta come nemico

LUG 13, 2016 -

Mosca, 13 lug. (askanews) – Si potrebbe anche intitolare le cinquanta sfumature della russofobia, ma su Vladimir Putin le bufale sono ben più di una cinquantina, compresa la sua ultima presunta sparizione. Appare come “veniva descritto a suo tempo lo zar Nicola I” e “un giorno ha l’autismo, un altro è paranoico. Sono sempre etichette denigratorie: è una spia o un cleptocrate, che ha fatto notizia con i Panama Papers, pur non essendo mai menzionato, a differenza del presidente ucraino Petro Poroshenko”. A commentare a caldo le strane illazioni su sparizione del presidente russo dei giorni scorsi – raccontata variamente su alcuni media occidentali e poi smentita dai fatti – è Guy Mettan, storico e politico ginevrino, esperto di geopolitica della Russia, nonchè fondatore e direttore del club Svizzero della Stampa. Contattato da askanews, l’autore di “Russofobia, Mille anni di diffidenza” (edito in Italia da Sandro Teti) riprende le tesi del suo libro, che rappresenta un’analisi scientifica su come, dai tempi di Carlo Magno il Paese più a Est d’Europa, viene comunicato dall’Ovest. Una ricerca molto accurata su come noi occidentali raccontiamo Mosca e dintorni: la selezione delle fonti e la distorsione cognitiva e semantica, e tutti gli altri buchi di un giornalismo occidentale sempre più fagocitato, veloce, meno attento nella verifica e soprattutto, a quello che dovrebbe essere il suo primo scopo, il rispetto del lettore.

Tutto questo, si lega con il contesto storico in cui viviamo. Non una Russia a pezzi, come negli anni novanta, ma un Paese che negli ultimi anni ha rialzato la testa nell’arena internazionale, e in particolare con il dossier siriano. “La Russofobia occidentale è debole quando la Russia è debole, forte quando la Russia è forte” dichiara Mettan. “È infatti direttamente proporzionale alla potenza della Russia e al suo peso geopolitico”.

E non ci sono solo le “sparizioni” di Putin. Da Beslan alle Pussy Riot, dall’ormai semidimenticato incidente aereo di Uberlingen (2002) ai Giochi olimpici di Sochi, passando per Dostoevskij, Solzhenicyn sino a Hans-Werner Bierhoff ed Henry Kissinger, l’idea negativa della Russia, sempre carnefice e mai vittima, viene spiegata a più voci, e sembra l’unica destinata a prevalere. Ma è la prima volta, proprio con Mettan, che il caso quasi clinico, di un Paese condannato a non godere di buona stampa (occidentale), viene analizzato con precisione scientifica. “Russofobia. Mille anni di diffidenza” non trascura nessun aspetto, distinguendo persino tra le stesse russofobie: francese, inglese, tedesca e americana. “Dopo una pausa negli anni 90, la russofobia è tornata a crescere a partire dagli anni 2000 per raggiungere una nuova fase di esacerbazione negli ultimi anni” chiarisce lo scrittore. “Vediamo anche che la lotta contro il comunismo è servita come pretesto per la russofobia dispiegata durante la guerra fredda. Oggi il comunismo sovietico è scomparso, ma la russofobia euro-americana è più virulenta che mai. D’altronde è sempre fondata sugli stessi argomenti: la Russia è un paese totalitario o autocratico, i suoi leader sono tiranni sanguinari e hanno una sola cosa in mente: invadere e opprimere l’Europa innocente e pura”.

E non ci sono solo luoghi comuni, ma anche tabù occidentali. Su Ucraina e non solo Ucraina. “Non si parla mai del fatto che la NATO abbia assorbito la maggior parte dei Paesi dell’Europa orientale e schierato missili nucleari sotto il naso dei russi a dispetto degli impegni del 1991 presi da George Bush padre. La NATO e gli Stati Uniti hanno aperto basi militari alle porte della Russia, ma è la Russia ad essere aggressiva… Trovate l’errore”.

Per qualcuno in realtà è questione di punti di vista. La Russia a noi occidentali è incomprensibile poichè diversa, con la sua necessità secolare di cercare uno zar, un capo supremo, e non una democrazia polifonica. E questo viene letto dall’esterno (noi) come dispotismo, mancanza di democrazia. Tuttavia Mettan ritiene che “se si guarda alla lunga storia della Russia, ci si accorge che, da mille anni a questa parte, non è mai stata così democratica” come oggi. “Questo non è mai menzionato dai media occidentali, che si accontentano sempre e soltanto dei luoghi comuni sempiterni sullo spione autocrate Putin”.

Detto ciò, la Russia, come la Cina, d’altronde, “vive nella paura perenne del collasso e della divisione. Gestire uno spazio così vasto e arido, senza efficaci canali di comunicazione 6 mesi all’anno, così come gestire 1,5 miliardi di persone, non è semplice. Basta guardare le attuali difficoltà dell’Unione Europea, per convincersene. Benchè l’Ue sia ben più piccola e omogenea. Peraltro la paura del crollo è ancor più giustificata dal fatto che gli ideologi della supremazia americana, che dettano la legge a Washington, dicono apertamente – come Zbigniew Brzezinski nel suo libro pubblicato nel 1996 – che la Russia deve essere smontata in tre parti e l’Ucraina conquistata dall’Occidente per rompere l’influenza della Russia nel mondo. I nostri giornali non ne parlano, ma è una realtà politica quotidiana”.

Da notare che il libro di Mettan non è su Putin, che viene menzionato abbastanza raramente, ma sulla storia di un popolo attraverso i nostri racconti. “Putin, come ogni buon capo di Stato, non è certo un santo. Ma è una ragione per demonizzarlo? La verità è che la demonizzazione di Putin è un elemento essenziale della propaganda occidentale”, dichiara nel colloquio con askanews. “La stampa occidentale insegue ogni sua mossa, i suoi movimenti, estrapola dai suoi discorsi frasi al di fuori di ogni contesto, interpetandole sempre negativamente, non rendendo mai conto delle sue analisi sulla situazione mondiale, anche se estremamente lucide e costruttive. Al contrario, è estremamente raro che i media occidentali osino criticare il presidente Usa Barack Obama, anche quando tenta di imporre accordi commerciali o di condurre guerre al di fuori da ogni controllo democratico.È interessante constatare che all’inizio degli anni 50 nell’800, la stampa britannica ha descritto lo Zar Nicola I (il sovrano che portò l’impero russo allo zenith della sua espansione, 20 milioni di chilometri quadrati, ndr) esattamente negli stessi termini usati per Putin oggi. Mentre la Gran Bretagna si preparava ad invadere la Crimea, i caricaturisti inglesi mostravano lo zar come un vampiro assetato di sangue inglese e autocrate pronto a invadere l’Europa. Ora, nel 1853, chi sbarcò in Crimea, se non le truppe franco-britanniche?”.