Turchia, molti interrogativi dopo “sentenza anti-Erdogan”

Sentenza Alta Corte per scarcerazione reporter invisi al presidente

FEB 26, 2016 -

Istanbul, 26 feb. (askanews) – L’ordine della Corte costituzionale turca di scarcerare due giornalisti invisi a Recep Tayyip Erdogan solleva non pochi interrogativi in Turchia. Interrogativi che vanno ben al di là dell’effetto immediato e concreto della sentenza: la scarcerazione ieri notte di Can Dundar ed Erdem Gul, rispettivamente direttore e corrispondente della testata Cumhuriyet e autori di uno scoop sui rapporti tra Isis e servizi segreti turchi in Siria. E’ un nuovo segnale di scontro interno allo Stato turco? Ci si chiede. E più precisamente: una lotta che vede contrapposto il “nuovo” Stato del presidente Recep Tayyip Erdogan con quello che resta del “vecchio”?

CONFLITTI NELL’AKP?

Se è in atto uno scontro, va ricercato innanzitutto all’interno del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP), dove nelle ultime settimane diverse figure di rilievo della formazione, come Bulent Arinc, Huseyin Celik, ormai rimaste fuori dalla squadra di Erdogan, hanno sollevato – con toni certo sempre rispettosi – esplicite critiche rivolte al presidente. Un gruppo che si vorrebbe capeggiato dall’ex presidente dello Stato Abdullah Gul, noto da sempre per le sue capacità conciliatorie.

Non è un caso che Erdogan, proprio dopo queste critiche, abbia ricevuto Gul per un incontro a porte chiuse. Il pubblico è stato informato che l’incontro si era svolto con gli usuali toni di reciproca stima. Eppure da qualche giorno c’è il fatto che Gul, tra i nomi più importanti dell’AKP, risulta essere cancellato dalla lista dei fondatori del partito.

CORTE COSTITUZIONALE CONTRO ERDOGAN?

La sentenza della Corte costituzionale va a mettersi direttamente contro Erdogan il quale, assieme ai servizi segreti turchi, aveva presentato personalmente il ricorso contro i due giornalisti, accusati di spionaggio, divulgazione di segreti di Stato e tentato golpe. Precedentemente, durante una trasmissione televisiva, Erdogan aveva affermato che Dündar avrebbe “pagato nella maniera più pesante” la pubblicazione di un reportage che documentava l’intercettazione da parte dei militari di alcuni tir appartenenti ai servizi segreti, che risultavano essere carichi di armi destinati ai ribelli siriani. Ma secondo quanto afferma il giornalista Murat Aksoy, il primo ad aver anticipato la sentenza grazie ad una fonte interna, la decisione della Corte non è avvenuta senza tribolazioni. “All’origine avrebbe dovuto emettere la sentenza un’altra sezione della Corte, ma per timore di subire pressioni ha ritenuto opportuno affidare la valutazione del caso al consiglio generale della Corte, affinchè avesse un avvallo più forte”, ha spiegato Aksoy.

GUL E GULEN

Quindici membri al voto. Dodici hanno sottoscritto che si era “violato il diritto alla libertà e alla sicurezza” di Dundar e Gul oltre che “i diritti relativi alla libertà di stampa e di espressione”. Tre i contrari. Dopo l’emissione della sentenza è di nuovo tornato alla ribalta il nome dell’ex presidente Abdullah Gul: nove tra i 12 giudici che hanno votato a favore sono stati nominati da lui. Dunque la scarcerazione di Dundar e Gul rappresenta una nuova fase dello scontro in atto tra le diverse fazioni dell’AKP? Ad avallare simili ipotesi sono innanzitutto alcuni giornalisti pro-governativi, come Fatih Tezcan, che su Twitter ha definito la sentenza “un tradimento” che ha “provato l’inaffidabilità di Abdullah Gul. Ma Tezcan è andato anche oltre chiamando la Corte costituzionale “Tribunale di Abdullah” e poi, rivolgendosi direttamente a Gul: “Senza volerlo Lei sta lavorando per il presidente Erdogan, perchè più le istituzioni che dipendono da Lei alzano il tiro, più i sostenitori del presidente si moltiplicano e si sollevano”. Altri giornalisti filo-governativi, non nominano apertamente Gul, ma accusano i giudici della Corte di essere asserviti al movimento del magnate ed imam Fethullah Gulen, già alleato di Erdogan, ormai nella lista dei ricercati per terrorismo.

FIDUCIA NELLA GIUSTIZIA?

“Non mi attendevo questa sentenza perchè non c’è una magistratura indipendente, ma era possibile perchè già in altre circostanze la Corte costituzionale si era espressa in modo contrario all’assetto giudiziario dominante”, ha affermato il giornalista Levent Gultekin in seguito al verdetto. Il giurista Kerem Altiparmak ricorda invece le ambivalenze passate della Corte che “che in precedenza non ha dichiarato incostituzionale la modifica alla legge secondo cui sono stati fondati i tribunali penali speciali che hanno portato all’arresto di Dundar e di migliaia di altre persone”.

Da tempo l’opposizione denuncia l’estrema politicizzazione della magistratura in Turchia, andata incontro negli ultimi anni a numerosi interventi mirati a modificare la composizione degli organi giuridici, alla destituzione e al ricollocamento di centinaia di giudici, nonchè – in alcuni casi – ad arresti e processi giudiziari. Le destituzioni nella magistratura, dove il movimento di Gulen aveva una forte influenza, si sono intensificate soprattutto dopo la tangentopoli del dicembre 2013, che ha rischiato di coinvolgere l’AKP e lo stesso Erdogan. Ma nonostante tutte le misure prese, la lotta non sembra ancora terminata. “La magistratura in Turchia è fondata sul principio della fedeltà al potere e allo Stato, non alla giustizia. La Corte costituzionale è il luogo che meglio riflette lo scontro in atto tra il governo e lo Stato”, è stato il commento lasciato su Twitter dal giornalista Ahmet Sik. Ma secondo l’esperto, incarcerato per un anno nel 2011 a causa di un libro d’inchiesta sull’influenza dei gulenisti nella polizia, “anzichè interpretare una decisione giusta che ha messo fine ad una prigionia, come la conferma che ‘ad Ankara ci sono ancora dei giudici’ bisogna prepararsi alla prossima mossa di chi ha in mano il governo”.