Coronavirus, per 6 aziende alimentari su 10 fatturato 2020 in calo

Il 64% ritiene che serviranno 6-12 mesi per ritorno alla normalità

MAG 4, 2020 -

Milano, 4 mag. (askanews) – L’industria alimentare, in queste settimane di lockdown, è stata chiamata a garantire a tutti accesso al cibo. Eppure, al pari di altri comparti strategici del made in Italy, non uscirà indenne da questa emergenza. Secondo una ricerca del dipartimento di Economia aziendale dell’Università Roma3 commissionata da Unione Italiana Food, il 59% delle aziende alimentari ha subito un calo della produzione rispetto a una situazione di normalità, con punte, per una azienda alimentare su 4, di almeno il 30%. Circa il 60% delle imprese stima un calo del fatturato per il 2020, che, per quasi un intervistato su 4, sarà superiore al 20%. Per una percentuale analoga (il 61% del campione), il Covid-19 avrà un impatto “elevato” o “molto elevato” sul suo futuro. Solo il 7% degli intervistati ritiene che attraverserà la crisi senza conseguenze.

Dalla ricerca, realizzata ad aprile su un campione di 120 grandi, medie e piccole aziende alimentari aderenti a Unione Italiana Food, emerge che per il 42% del campione gli effetti saranno “prevalentemente negativi, anche se temporanei”, mentre per il 13% saranno “molto negativi e duraturi”. E anche tra le aziende che hanno beneficiato dello scenario di un’Italia in quarantena (24,8%), quasi tutte sono convinte che l’impatto positivo sarà a breve termine e teme un calo futuro. Pensando alla fase 2, più di 6 aziende su 10 (64%) stimano in 6-12 mesi il tempo necessario per tornare alla normale operatività. Ma c’è anche un 6% convinto che non si tornerà mai più alla situazione precedente. Più del 40% del campione, comunque, afferma di non aver ancora chiaro quali misure adottare per il post Coronavirus. Mentre il 32% dichiara che per difendersi punterà soprattutto sulla riorganizzazione “smart” del lavoro. Nonostante questi scenari, quasi 8 aziende su 10 (79%) si dichiarano fiduciose sulla tenuta della reputazione di marchi e prodotti italiani. Solo per il 15% la soluzione è nelle nuove strategie finanziarie.

Se poi si guarda alle dimensioni dell’azienda, dalla ricerca emerge che i più ottimisti (17%) sono in gran parte Pmi e pensano che gli effetti saranno recuperabili; gli altri (34%), perlopiù grandi aziende, prevedono che l’impatto prodotto dal virus sarà più persistente. Tutti e due i sottogruppi hanno già deciso che per ripartire investiranno sull’innovazione, sia di processo che di prodotto. Su una cosa le imprese alimentari di Unione Italiana Food sono d’accordo: da questa crisi le aziende non usciranno solo con le loro forze. Interrogati sulle misure e gli ambiti di intervento utili a superare la crisi, quasi la metà del campione (44%) invoca un maggior supporto economico alle imprese, il 13% sgravi fiscali e l’11% chiede al Governo azioni per il rilancio dei consumi e il supporto alla filiera.

Aspetti finanziari (posizione creditizia e debitoria, cash flow), commercio estero, processi produttivi e logistica, marketing e innovazione di prodotto, approvvigionamenti di materie prime: sono questi gli ambiti dove l’impatto del Covid-19 si è finora sentito di più. Guardando invece al futuro immediato, le preoccupazioni più urgenti riguardano soprattutto gli scambi con i mercati esteri (in entrata e in uscita), l’organizzazione del lavoro, la finanza e la gestione della rete vendita, tutte con valori superiori ai 3 punti in una scala di importanza da 1 a 5. Per fronteggiare il Covid-19, 8 aziende alimentari su 10 (79%) hanno promosso lo smart working. E se un’azienda su 3 (33%) ha aumentato la produzione, molte di più (53%) l’hanno ridotta o hanno limitato il numero di referenze (33%).

Ma c’è anche un altro aspetto che riguarda questo comparto, costretto a restare aperto mentre tutti chiudevano. Sette aziende su 10 (70,4%) hanno riscontrato variazioni nulle o marginali del tasso di assenteismo dei lavoratori durante l’emergenza. Un dato che sottolinea il senso di responsabilità degli addetti del comparto, ma anche il buon sistema di relazioni industriali comune a tutta l’industria alimentare. Per premiare questo impegno, 6 aziende su 10 hanno già previsto riconoscimenti e incentivi per il personale o si stanno attrezzando per farlo. Dall’emergenza è risultato anche il legame stretto delle aziende alimentari con il territorio in cui operano e con le comunità locali. Oltre alle donazioni dei grandi gruppi, sono tantissime le aziende alimentari che in questi giorni hanno assicurato contributi concreti alle strutture sanitarie e alle comunità locali.

“Purtroppo – afferma Marco Lavazza, presidente di Unione Italiana Food – la chiusura degli esercizi del settore Ho.Re.Ca. come mense, bar e ristoranti, ha inciso profondamente sulle opportunità di mercato delle aziende che utilizzano in modo esclusivo o prevalente quel canale di vendita. Gli aumenti registrati per alcune categorie merceologiche nella Gdo non hanno compensato queste ingenti flessioni. Anche quanti hanno visto crescere fatturato e produzione, in molti casi hanno dovuto sostenere un aumento dei costi delle materie prime o della logistica che incide negativamente sull’andamento economico. Molte aziende quindi, soprattutto le più piccole, sono ora in seria difficoltà”.