Ripensare il cibo e la sua produzione per salvare il Pianeta

"Chiamata alle armi" dal Forum internazionale Fondazione Barilla

DIC 3, 2019 -

Milano, 3 dic. (askanews) – Dodici trilioni di dollari. Il professor Jeremy Oppenheim scandisce dal palco questa cifra che da sola basta a raccontare l’urgenza di un cambiamento che riguarda il nostro modo di consumare cibo oltre che produrlo. Perché quei 12 trilioni di dollari sono i costi che si nascondono dietro tutto il sistema di produzione del cibo e di utilizzo della terra. Parliamo di danni irreversibili agli ecosistemi e conseguenti rischi alimentari di alcune regioni, parliamo di spese crescenti nella sanità pubblica per problemi come l’obesità, la malnutrizione, l’inquinamento. L’enormità di questa cifra appare ancor più evidente se pensiamo che da solo tutto il mercato del sistema agroalimentare vale 10 di trilioni di dollari. Di qui l’urgenza di cambio di passo che entro il 2050 deve rendere disponibili fino a 1,2 miliardi di ettari di terreni attualmente destinati all’agricoltura e “risparmiare” 10,5 trilioni di costi nascosti. Una vera e propria “chiamata alle armi” per dirla con le parole di Guido Barilla, giunta dal decimo Forum internazionale su alimentazione e nutrizione organizzato a Milano dalla Fondazione Barilla.

“Le cose stanno cambiando in modo drastico – ha detto Barilla dal palco – ben venga dunque Greta, ben vengano dieci Greta perchè la Terra ora brucia realmente”. E poco prima a margine aveva aggiunto “Oggi c’è bisogno di una coscienza comune delle persone e di un atteggiamento responsabile delle persone nelle scelte che fanno. Le persone costruiscono i mercati, i mercati determinano la domanda, l’industria risponde alla domanda di mercato per vocazione e per necessità. Tutto il cambiamento parte dalla coscienza delle persone”.

Un cambiamento culturale dunque è il primo ed essenziale passaggio per rispondere all’emergenza ambientale che ci chiama in causa come cittadini, decisivi in questa fase di transizione per orientare gli investimenti dell’industria come ha sottolineato il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini: “La forza dei cittadini che io amo definire coproduttori più che consumatori è quella di pretendere che atteggiamenti virtuosi vengano applicati dall’industria. Facciano bene attenzione tutti perché questo meccanismo è già partito rispetto alla qualità degli alimenti, alla riduzione dei pesticidi e dei conservanti. Oggi tutta l’industria si sta concentrando su questo concetto del ‘senza’, questo significa che se oggi c’è il senza, una volta ce li mangiavamo tutti”. Chiaramente anche i governi non possono più tapparsi gli occhi davanti a questa emergenza: “Il governo e la politica dovrebbero rendersi conto della situazione drammatica che sta vivendo il nostro Pianeta e che ci porta a un punto di non ritorno, lo ha dichiarato ieri il segretario delle Nazioni Unite – ha sottolineato Petrini – Qui si parla di salva Stati ma noi dobbiamo salvare il Pianeta”. “La situazione – ha chiosato dal palco – è così grave che esige un cambiamento profondo, i giovani l’hanno capito e non essere dalla loro parte è un crimine”.

Nel report presentato dal professor Oppenheim dal titolo “Growing better: ten critical transitions to transform food and land use” emerge come ci sia anche una convenienza economica nell’accelerare questo cambiamento: un investimento nel processo di trasformazione dei sistemi agroalimentari, pari a 300-350 miliardi di dollari l’anno, (meno dello 0,3% del Pil globale), genererebbe un ritorno di circa 5,7 trilioni di dollari, più di 15 volte il costo iniziale, creando nuove opportunità commerciali per altri 4,5 trilioni all’anno entro il 2030. Ma perché questo possa funzionare occorre ragionare in un’ottica sistemica come ci ha spiegato la scienziata Ilaria Capua, direttore One Health center of Excellence, che ha lanciato l’idea di un patto intergenerazionale: “Mettendo insieme informazioni sulla salute delle persone, degli animali e dell’ambiente noi potremo trovare nuove soluzioni che studino altri percorsi e che non vadano a risolvere un problema e ne creino un altro – ci ha raccontato – La salute va vista come un valore del sistema e quindi in ottica circolare che permetta a tutti di goderne perché la vita si nutre di vita”.

Tra i primi punti posti in cima all’agenda c’è quello della riforestazione: l’ha detto bene in apertura dei lavori il professor Stefano Mancuso dell’Università di Firenze che ha auspicato la piantumazione di 2 miliardi di alberi. L’ha ripetuto con chiarezza il presidente Barilla: “E’ urgentissimo fare operazioni di straordinaria rilevanza prima fra tutte la riforestazione che è il primo dei grandi progetti mondiali: dobbiamo piantare miliardi e miliardi di piante che ci serviranno per cercare di limitare il riscaldamento globale. E’ un impegno di base ed è ovvio che tutte le operazioni che l’industria fa devono rispondere a questa grande tematica. Ogni operazione industriale che va contro la riforestazione è un delitto contro l’umanità”.