Tav, studio Csc: rinuncia sarebbe danno a credibiltà sistema Paese

La decisione non può basarsi solo sull'analisi costi-benefici

MAR 11, 2019 -

Roma, 11 mar. (askanews) – La rinuncia alla Tav Torino Lione comporterebbe potenziali danni a carico dell’Italia che andrebbero oltre i costi diretti e indiretti: bisogna considerare i costi di reputazione, i danni d’immagine e di credibilità dell’intero sistema Paese. “Quest’ultimo aspetto, in particolare, tenderebbe a disincentivare eventuali investitori interessati a finanziare progetti importanti”. Lo afferma il centro studi di Confindustria (Csc), con una analisi firmata da Alberto Caruso e Massimo Roda e eloquentemente intitolata “Oltre l’Analisi Costi-Benefici per la Tav”.

“La rilevanza di un’opera come la Tav va oltre il mero calcolo economico e include, tra gli altri, anche aspetti legati alla sostenibilita ambientale, alla competitivita territoriale, agli effetti di agglomerazione sulle economie locali, all’impatto reputazionale – si legge -. Il decisore pubblico deve potere utilizzare strumenti di analisi economica complementari rispetto alla sola ACB, che appare limitativa e in molti casi puo scoraggiare la realizzazione di progetti infrastrutturali importanti. Servirebbero, dunque, analisi piu ampie come quelle di impatto macro, analisi di equilibrio economico generale o l’analisi multi-criteri”.

In generale, e con poche eccezioni – prosegue l’analisi del Csc – in Italia le valutazioni dei progetti sono uno strumento poco e non adeguatamente utilizzato come aiuto alle decisioni pubbliche. All’estero la situazione e diversa: in alcuni paesi (UK, Svezia, Francia, Germania, Olanda) esistono linee guida che sono rispettate e limitano, in parte, la discrezionalita nella scelta. Esistono organi indipendenti che garantiscono il rispetto delle procedure e che, nel contempo, rassicurano gli investitori, i quali hanno la certezza che le regole e gli impegni non cambiano al mutare dei governi”.

“La rinuncia alla finalizzazione della Tav comporterebbe potenziali danni derivanti da costi diretti (risarcimenti dei costi sostenuti e perdita occupazionale), indiretti (per esempio aumento della produttività, altri effetti sul mercato del lavoro, effetti derivanti dalle “economie di agglomerazione”), e da costi di reputazione, ovvero da danni d’immagine e di credibilità dell’intero sistema Paese. Quest’ultimo aspetto – concludono Caruso e Roda – in particolare, tenderebbe a disincentivare eventuali investitori interessati a finanziare progetti importanti”.