“Così l’Italia rischia e fa rischiare i mercati e l’Eurozona” (Fmi)

Il Rapporto 2018 del Fondo Monetario Internazionale boccia reddito cittadinanza e quota 100

FEB 6, 2019 -

Milano, 6 feb. (askanews) – La lente del Fondo Monetario Internazione mostra un’Italia che rischia non solo la recessione ma anche di destabilizzare il mercato globale, con una forte scossa all’area dell’euro. La crescita nel Belpaese – scrive innanzitutto l’Fmi nel suo Rapporto 2018 Article IV sull’economia italiana – “è rallentata, il rischio di una recessione è aumentato” e, sebbene “gli stimoli fiscali programmati potrebbero far aumentare temporaneamente la crescita, i crescenti costi di funding per le banche”, dovuti all’innalzamento dello spread, nonché il rischio sovrano, rappresentano un’ulteriore mina sulla strada dello sviluppo. E le “ricadute di un accentuato stress in Italia sarebbero globali e significative” e potrebbero “spingere i mercati globali in un territorio inesplorato, per esempio, se ci dovesse essere un downgrade senza precedenti a spazzatura”.

L’impatto, spiega quindi il Fondo diretto da Christine Lagarde, “potrebbe essere maggiore all’interno dell’area dell’euro. Le banche francesi, spagnole, portoghesi e belghe hanno esposizioni considerevoli sul debito italiano. Le filiali di banche italiane sono di importanza sistemica in alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale, come la Croazia e la Serbia. Una più ampia perdita di fiducia nei paesi dell’area dell’euro ad alto indebitamento genererebbe perdite più grandi e più ampie”.

A preoccupare il Fondo, è soprattutto che le politiche del governo “possano lasciare l’Italia vulnerabile nei confronti di una nuova perdita di fiducia dei mercati, anche in assenza di ulteriori shock”, visto l’elevato livello del debito che non solo potrebbe rimanere tale per i prossimi tre anni ma potrebbe anche “aumentare prima del previsto e più velocemente se dovessero materializzarsi nuove difficoltà”. L’Italia allora, avverte l’Fmi, “potrebbe essere costretta a una importante stretta fiscale spingendo una debole economia in recessione”.

Le politiche del governo dovrebbero invece promuovere la crescita e l’inclusione sociale mentre “la spesa pensionistica in Italia, la seconda più alta nella zona euro, ha tolto risorse per gli investimenti pubblici e per una moderna rete di sicurezza per la fascia più povera della popolazione”.

Sulle pensioni, sottolinea il Fondo, l’Italia ha attuato importanti riforme in passato, tra cui quella del 2011, mirate a contenere la sua elevata spesa nel lunghissimo termine. Il governo tuttavia “sta prendendo in considerazione delle modifiche che ribalterebbero alcune riforme e ridurrebbero l’età effettiva di pensionamento”. No a quota 100, dunque, perché questi cambiamenti “aumenterebbero ulteriormente la spesa pensionistica, gravando ancora di più sulle nuove generazioni e lasciando meno spazio per le politiche pro-crescita”. E’ “improbabile”, inoltre, “che l’ondata prevista di pensionamenti creerà altrettanti posti di lavoro per i giovani”.

Altro forte dubbio del Fmi riguarda il reddito di cittadinanza: “Potrebbe essere più generoso rispetto al Rei, in termini di entità degli assegni e numero di beneficiari”, tuttavia gli importi “dovrebbero essere fissati in modo da non distorcere gli incentivi per trovare un lavoro regolare”, scrive il Fondo, in sostanza ribadendo quanto già affermato da parte di Inps e Confindustria.

L’Italia invece, si legge nel Rapporto, “ha bisogno a regime di uno schema moderno di reddito minimo garantito destinato alle fasce più povere della popolazione, che eviti dipendenza dal sistema del welfare ed eviti di disincentivare al lavoro”. L’Fmi ricorda che in materia le buone pratiche internazionali suggeriscono, tra le altre cose, di fissare l’assegno al 40-70% del livello di povertà relativa e di implementare controlli adeguati per prevenire gli abusi.

Altro suggerimento: l’Italia prenda in considerazione “l’introduzione di un salario minimo, differenziato a seconda delle Regioni per tenere conto dei diversi livelli di produttività del lavoro, dei tassi di disoccupazione e del costo della vita”.

Sul fronte del lavoro, l’Fmi raccomanda, come riforma prioritaria, di decentrare la contrattazione salariale.

“Facilitando il riallineamento dei salari alla produttività a livello aziendale e regionale, l’elevata disoccupazione strutturale dell’Italia calerebbe”. Inoltre, rilevando “l’incertezza sui licenziamenti e i suoi costi”, il Fondo fa notare che questi sono elevati nel confronto internazionale, dovrebbero perciò essere abbassati “per incoraggiare le assunzioni e preservare i benefici chiave del Jobs Act”.

Quanto, infine, alla politica fiscale del governo gialloverde, il Fondo Monetario Internazionale non vede altro che una serie di cambiamenti che “si sommano a tutta una serie di numerose marginali modifiche al sistema fiscale italiano, esacerbandone l’incertezza” mentre servirebbe “una riforma fiscale complessiva per allargare la base imponibile, promuovere un sistema efficiente e assicurare l’equità”. Una riforma che “dovrebbe mirare a ridurre il livello di evasione dell’Iva, razionalizzare il capitolo delle tax expenditure e delle imposte patrimoniali attraverso un moderna imposta sulla prima casa (sulla base di un adeguamento dei valori catastali)”. E “dovrebbero essere evitati” i condoni fiscali.

Rar/Mau