Manovra: Governo rispolvera la spending, da sprechi solo 3-6 mld

Falliti tentativi lotta alla spesa ultimi anni

SET 18, 2018 -

Roma, 18 set. (askanews) – Per superare l’impasse sulle coperture economiche della manovra il governo tenta la carta della spending review, rispolverando l’antica battaglia contro gli sprechi della spesa pubblica. Un leitmotiv degli ultimi governi più facile a dirsi però che a farsi. Una scappatoia utile soprattutto al M5S che rischia di soccombere nel braccio di ferro con il ministro dell’Economia Giovanni Tria che non sembra disposto a cedere sul deficit.

Tria vorrebbe non spostare l’asticella del rapporto defici-Pil oltre l’1,6-1,7% nel 2019 recuperando così più o meno 15 miliardi. Ma Salvini e Di Maio tirano la corda perché ogni punto percentuale in più sono risorse aggiuntive per realizzare pezzetti di promesse elettorali e archiviare la tanto contestata politica del rigore in voga negli ultimi anni. Ed è proprio Luigi Di Maio quello che in questo momento ha più da perdere dal varo di una manovra rigorosa. Mentre l’alleato sta raccogliendo i frutti della propaganda sull’immigrazione, il Movimento perde consensi e la partita sul reddito di cittadinanza diventa cruciale per il suo stesso destino.

La soluzione di puntare sulla spending review è venuta fuori al termine di un sofferto vertice a palazzo Chigi fra i principali attori della messa a punto della prossima legge di bilancio. Un modo, anche elegante, per prendere tempo e cercare di tenere a bada l’alta tensione all’interno del governo del cambiamento, che se non gestita potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza stessa dell’esecutivo.

Lo stesso Di Maio ha dichiarato pubblicamente che la manovra deve vedere il governo “con in mano un paio di forbici e che cominci a tagliare tutto quello che non serve”. Un’espressione che non può non far tornare alla mente Carlo Cottarelli, ribattezzato mister Forbici dalla stampa, l’economista incaricato da Enrico Letta di combattere gli sprechi nella pubblica amministrazione. Battaglia, come sappiamo, per lo più persa. Solo una piccola parte del piano è stata attuata: circa 8-10 miliardi rispetto ai 34 miliardi di risparmi proposti racchiusi nelle 72 slide del 18 marzo 2014.

Nel corposo dossier lasciato in eredità dal Commissario si includevano, tra le altre voci, tagli alla spesa per beni e servizi della Pa, agli stipendi dei dirigenti pubblici, alle consulenze e auto blu, sforbiciata alle sedi periferiche dello Stato, alle prefetture, alle provincie e agli enti pubblici, chiusura delle partecipate inutili. Risparmi su tutto: dai costi della politica fino all’illuminazione pubblica. Un progetto mastodontico rimasto però nel cassetto e archiviato, almeno fino a ieri, definitivamente dopo la fumata nera sull’incarico a premier per lo stesso Cottarelli.

Torna alla carica adesso anche l’esecutivo giallo-verde, in evidente difficoltà nella caccia alle risorse per coprire l’avvio delle tre riforme ritenute prioritarie: pensioni, flat tax e reddito di cittadinanza. Il rischio, però, è che ancora una volta la montagna partorisca un topolino. Secondo quanto riferiscono fonti della maggioranza, infatti, dalla nuova sforbiciata alla spesa non si potranno incassare più di 3-6 miliardi di euro. Una cifra troppo esigua per coprire i numeri stratosferici della manovra in cantiere con voci in uscita che sfiorano i 42 miliardi di euro.