Conte: rivedremo riforma popolari, separare asset speculativi

"Distinguere tra attività commerciali e banche d'investimento

GIU 6, 2018 -

Roma, 6 giu. (askanews) – Il premier Giuseppe Conte annuncia alla Camera che il governo interverrà sulla riforma delle banche popolari e del credito cooperativo. Il settore del credito è tra le priorità del nuovo governo, confermato dallo stesso presidente del Consiglio con l’incontro con un gruppo di risparmiatori truffati. L’orientamento dell’esecutivo è quello di separare le attività tradizionali legate all’erogazione di credito all’economia da quelle più speculative e quindi rischiose.

“Stiamo già maturando la valutazione – ha detto il premier nella replica alla Camera per la fiducia – che ci sia da distinguere tra banche che erogano credito e sono fortemente caratterizzate a livello territoriale e banche di investimento più votate alla speculazione. Questa sensibilità non è solo la nostra, molti esperti del settore hanno rimarcato la necessità di distinguere la disciplina”.

Il governo pensa quindi a una “revisione delle discipline recenti sul credito cooperativo e banche popolari, soprattutto per quelle più legate al territorio – ha aggiunto – che è una caratteristica del sistema italiano. Dobbiamo cercare di recuperare questa funzione importante e tradizionale che aiuta molto il tessuto produttivo delle piccole e medie imprese che sono il cuore, l’impianto, il polmone propulsivo del sistema produttivo italiano”.

La separazione tra attività commerciali bancarie e banca d’investimento è all’ordine del giorno da qualche anno, la profonda crisi provocata dal fallimento di Lehman Brothers. In Italia nella scorsa legislatura erano state presentate diverse proposte di legge per modificare la riforma Amato del 1993 che ha introdotto il modello di banca universale e mandando in soffitta la legge bancaria del 1936.

Anche in ambito comunitario sono state avviate alcune iniziative per arrivare a una separazione tra l’attività tradizionale delle banche e quelle più speculative. Nel 2012 è stato realizzato il rapporto Liikanen (ex presidente banca centrale finlandese), commissionato dalla Commissione europea. La stessa Commissione nel 2014 ha presentato una proposta di regolamento per superare il modello di banca universale che tuttavia prevedeva soluzioni più soft rispetto al rapporto Liikanen. Ma quel regolamento non è mai stato approvato.

Alcuni paesi sono intervenuti con norme a livello nazionale come la Gran Bretagna, ma anche Francia e Germania. Tuttavia si tratta di misure rimaste per lo più sulla carta. Il principale motivo è la difficoltà di definire e delimitare le attività che devono essere vietate o sottoposte a restrizioni.

Molte le critiche sul percorso di introdurre norme per la separazione delle attività ritenute rischiose. Sia sul metodo in quanto la regolamentazione bancaria è in genere neutra rispetto agli assetti organizzativi e operativi degli istituti di credito.

Nel merito è molto complicato definire la demarcazione tra attività di market-making e quella di property trading che ha natura speculativa. Rientra nel market making il supporto delle banche alle imprese che intendono quotarsi. Lo stesso vale per la separazione delle attività di private equity dove spesso le banche sottoscrivono quote di capitale di società non quotate.

Altra critica sulla seperazione è legata proprio alla crisi del 2008-2009 che ha colpito tutte le tipologie bancarie, commerciali, universali e d’investimento.

Le iniziative dunque di varare norme per cercare di separare le attività speculative e quindi rischiose sostanzialmente si sono arenate anche a livello di singoli paesi. Ciò soprattutto perché normative nazionali non sarebbero identiche tra loro e poi potrebbero essere a rischio incompatibilità con una normativa comunitaria.