Di Camillo (P101): start up, quale orizzonte con governo che verrà

Innovazione e venture capital nei principali programmi politici

MAR 8, 2018 -

Roma, 8 mar. (askanews) – Che futuro per le start up e il venture capital a seconda di chi governerà il Paese? Andrea Di Camillo, managing partner di P101, prova a fare un’analisi post voto per tracciare eventuali scenari. Nell’attesa di capirne di più su chi sarà il nuovo governo, afferma, quali politiche dobbiamo aspettarci per il venture capital? Difficile fare previsioni visto che al momento, e almeno fino alle elezioni dei presidenti delle Camere che dovrà avvenire entro il 27 marzo e che darà una prima indicazione sulla direzione che si intende prendere, tutto è ancora in divenire. Nel frattempo, abbiamo ripreso in mano retrospettivamente i programmi dei diversi schieramenti per immaginare il futuro che attendono temi come innovazione e venture capital. Soffermandoci in particolare sulle posizioni espresse dagli aspiranti premier oggi sulla breccia: Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

Un governo a guida M5S punterebbe, almeno stando ai 20 punti del programma alla realizzazione di una smart nation, che passa attraverso investimenti “ad alto moltiplicatore occupazionale per creare nuove opportunità di lavoro e nuove professioni” e “in nuova tecnologia, nuove figure professionali, internet delle cose, auto elettriche, digitalizzazione PA”. Nel programma, per guardare al tema innovazione in senso lato, il Movimento affronta la questione banda larga, proponendo la trasformazione di OpEn Fiber, la società che ha vinto la gara per il controllo dell’infrastruttura di rete, in una società a maggioranza pubblica. Ed è l’unico a parlare di intelligenza artificiale, come strumento che guidi verso la quarta rivoluzione industriale, insieme all’IoT, che sarà sviluppato investendo sulla rete 5G.

Sul venture capital il giovane leader dei pentastellati ha invece detto la sua poco prima delle elezioni al Talent Garden a Milano. Tutto il discorso è riportato qui: “Se perdiamo il treno dell’innovazione perderemo la possibilità di impiegare i giovani che abbiamo all’estero, ma anche i giovani che si stanno per diplomare o che stanno entrando all’università. Che cosa si deve fare? Prima di tutto lasciare in pace chi fa impresa in questo settore, quindi meno leggi, meno burocrazia. La burocrazia è uno Stato che fa una legge ogni due giorni e mezzo, e rende la vita un inferno a chi fa impresa; la seconda cosa è investirci: con il Venture Capital ma anche con i nostri investimenti come Stato, quindi una banca pubblica per gli investimenti che dia una mano alle realtà innovative in questo settore; e poi la terza cosa è immaginare un Stato che digitalizzi la pubblica amministrazione ma che allo stesso tempo permetta al nostro Paese di creare ad esempio un nuovo concetto di mobilità, un milione di auto elettriche entro il 2020, un nuovo concetto di pubblica amministrazione digitalizzata, un nuovo concetto anche di istruzione e di università, sempre più in rete con i mondi produttivi… I giovani sono sicuramente il futuro, ma sono soprattutto il presente: in questo mondo dell’innovazione ci sono gli Olivetti del futuro”. L’ambizione non manca.

La coalizione di centrodestra, che raccoglie Lega, Forza Italia e FDI, ha ottenuto circa il 37% dei voti ed è dunque vicinissima al 40% che avrebbe consentito di avere il premio di maggioranza e di governare. Il leader della Lega Matteo Salvini è quello con la maggioranza relativa all’interno dell’alleanza (circa il 17%) e per questo potrebbe aspirare al ruolo di primo ministro.

Cosa prevede il suo programma in tema di innovazione e start up? Il Partito è favorevole agli investimenti in imprese giovani, innovative e tecnologiche ma più che sulla finanza di matrice bancaria, punta a «far fluire più capitale privato al settore dell’imprenditoria giovanile mediante obblighi di legge che prevedano un investimento minimo (in uno spettro compreso tra il 3% e il 5%) in questo settore per i Piani Individuali di Risparmio (PIR) e per i fondi pensione italiani». Ancora, ha intenzione di «prevedere decontribuzioni di almeno il 50% sul costo del lavoro per le assunzioni fatte da start up innovative su un orizzonte di 5 anni».

La tecnologia è protagonista dell’ultimo dei 10 punti del programma di Forza Italia, dal titolo: “Più tecnologie, cultura e turismo. Tutela dell’ambiente. Efficientamento energetico”. Nello specifico, si trova anche un sottopunto dedicato alle start up: “Sostegno alle start-up innovative, anche attraverso la semplificazione del crowdfunding”. Infine, il Partito democratico, nonostante la sonora sconfitta, potrebbe tornare in campo come alleato della parte che ne avesse bisogno per ottenere la maggioranza in Parlamento. Allora vale la pena rinfrescare brevemente cosa prevedeva e anche cosa ha fatto la sinistra in tema di innovazione e start up. In tema di politica industriale il governo uscente ha dato prova di avere un’idea abbastanza chiara con i due pacchetti Industria 4.0 e Impresa 4.0 varati negli ultimi due anni dal Mise guidato da Carlo Calenda. Con questi due piano di investimento sono stati stanziati complessivamente 30 miliardi di euro in incentivi per traghettare l’Italia verso la quarta rivoluzione industriale, ma se c’è un tema sul quale non si è riusciti a correre è proprio quello delle start up. Lo ha dichiarato più volte lo stesso Calenda e anche di recente, ha richiamato la necessità che start up e venture capital debbano diventare “un elemento centrale nel prossimo futuro”. Nel programma del PD, proprio nel capitolo dedicato alla politica industriale si fa cenno di nuovo al tema: e in particolare al fatto che non sia “più rinviabile una forte iniziativa sul venture capital per fare in modo che le tante start up che nascono in Italia trovino i capitali per poter crescere e avere successo”.

Insomma, per tutti sembra che il finanziamento e sostegno all’innovazione ed alla nuova imprenditorialità, siano priorità assolute: chissà che da uno scenario politico quantomeno “fluido” e da una posizione da Cenerentola delle economie occidentali l’Italia non possa avere una inaspettata e sostanziale spinta su questi temi, ormai appunto non più rimandabili. Aspettiamo quindi proprio dalle parti politiche che guideranno il nostro paese in questa prossima legislatura un confronto concreto e solido!