In Italia tasse università tra le più alte ma aumentati esenti

La finanziaria 2017 ha ampliato la platea a circa il 30%

GEN 16, 2018 -

Roma, 16 gen. (askanews) – Rendere l’Università pubblica gratuita. La proposta del leader di Liberi e uguali, Pietro Grasso, che sarà uno dei punti qualificanti della piattaforma elettorale della nuova formazione politica, è stata lanciata qualche giorno fa. Per farlo ci vorrebbero 1,6 miliardi di euro, ha calcolato Leu. La proposta, spiega Maria Cecilia Guerra ex capogruppo di Mdp in Senato, deve inquadrarsi in un “discorso generale” sull’università come “servizio di natura universale” e nell’ambito di scelte di rilevanza collettiva in un sistema fiscale “realmente progressivo”.

Per Leu, dice Guerra, “è importante sottolineare che questo servizio è stato falcidiato”, il “numero di laureati è molto basso” e occorre invertire la rotta sia per quanto riguarda le tasse universitarie che il diritto allo studio che si vanifica a partire da altri enormi costi che le famiglie sono costrette a sostenere: “il vitto e gli allogi dei fuori sede” che dovrebbero invece essere assicurati a “chi non può permetterseli”.

La popolazione universitaria in Italia supera il milione e 600mila studenti. Sino al 2016 i giovani totalmente esonerati dal pagamento delle tasse erano circa uno su dieci e poco meno del 10% i beneficiari di borse di studio; nel complesso dunque i costi gravavano interamente sulle famiglie per oltre l’80% degli iscritti. Una platea, quella di chi è senza “sconti”, che si è ridotta con la Finanziaria del 2017 che ha istituito una no tax area per redditi Isee inferiori a 13 mila euro e che porta gli studenti esentati dal pagamento delle tasse universitarie ad un terzo e quelli con importo agevolato a quasi un altro terzo degli studenti.

L’obiettivo della abolizione delle tasse universitarie “può essere raggiunto anche progressivamente” ma l’esenzione fino a 13mila euro è “comunque bassa”, puntualizza la Guerra. Quanto alla “meritocrazia” si dovranno prevedere alcuni paletti per evitare carriere fuori corso. E sarebbe “ingenuo” pensare che l’abolizione delle tasse universitarie risolva il problema: “occorre anche intervenire sul diritto allo studio” con il “rafforzamento del finanziamento regionale”. L’istruzione, compresa quella universitaria, “ha una valenza in sé”, per la collettività, perché punta sul “capitale umano” e sul futuro dei giovani, conclude Guerra.

Certamente cancellare le tasse universitarie eviterebbe agli studenti di doversi esercitare sul rompicapo cui sono costretti ogni anno per il calcolo delle tasse su cui, tra l’altro, ogni ateneo ha le proprie regole (sic!), delle agevolazioni che comprendono le borse di studio e anche sulle fasce di reddito in base al calcolo Isee.

Utile il confronto tra i costi dei diversi sistemi elaborato dal Eurydice National Student Fee and Support Systems in European Higher Education 2017/18 della commissione Ue.

I più fortunati studenti europei risultano essere i danesi, i maltesi, gli svedesi, i finlandesi e gli scozzesi dove solo una bassa percentuale paga le tasse e un’alta percentuale beneficia di borse di studio. Ci sono poi paesi come la Germania dove meno della metà paga le tasse ma le borse di studio vanno solo ad una minoranza. Per la Germania va però precisato che, nel primo ciclo dell’istruzione superiore, le tasse non si pagano o, al massimo, si pagano 100 euro e a versare sono pochi studenti che avendo risultati accademici insoddisfacenti non vengono sostenuti.

Tra i Paesi in cui le tasse vengono pagate praticamente da tutti e in cui la percentuale di assegnazioni di borse di studio è piuttosto irrilevante, l’Italia non è l’unico caso. Ma la percentuale degli studenti economicamente svantaggiati che sono esentati dal pagare le tasse e hanno diritto a borse di studio è sensibilmente più alta in Francia o in Spagna.

Fa impressione il gap tra i diversi paesi sull’ammontare da versare: l’Italia non veste la maglia nera ma quasi. A parte quelli in cui le tasse non si pagano, meno di tutti spendono gli studenti del primo ciclo che sono in regola con il percorso di studi in Repubblica Ceca, Polonia, Slovenia e Slovacchia dove, al massimo, pagano 100 euro all’anno. Si spendono fra i 101 e i mille euro in 12 paesi (Francia, Belgio, Bulgaria, Croazia, Lussemburgo, Austria, Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Islanda, Montenegro, Ex Repubblica jugoslava di Macedonia e Turchia). Mentre si va dai 1.001 euro ai 3.000 euro in otto sistemi educativi, fra i quali figuriamo anche noi oltre a Irlanda, Spagna, Paesi Bassi, Portogallo, Svizzera, Liechtenstein e Ungheria.

Il paese in cui le tasse sono più alte è il Regno Unito (Inghilterra e Galles), dove la cifra a carico dello studente raggiunge i 10.027 euro e il sistema si basa essenzialmente sui prestiti.