La finanza etica in Europa vale 715 miliardi, il 5% del Pil

A Montecitorio il "Rapporto sulla finanza etica in Europa"

NOV 29, 2017 -

Milano, 29 nov. (askanews) – Altro che settore di nicchia: la finanza etica in Europa ha raggiunto numeri di tutto rispetto e vale oggi almeno 715 miliardi di euro, pari al 5% del Prodotto interno lordo del Continente. I numeri sono contenuti nel Primo rapporto sulla Finanza etica e sostenibile, presentato alla Camera dei deputati. E dal quale emerge la sostanza di settore determinante per garantire risorse alle imprese che aiutano il progresso sociale, ambientale e anche economico di un Paese. “Emerge un mondo in rapida evoluzione che funziona molto bene, e con numeri che non credevamo così rilevanti – dice Andrea Baranes, presidente della Fondazione Finanza Etica – Facciamo un esempio: confrontiamo quanto prestano le banche etiche alternative rispetto alle banche sistemiche, quelle troppo grandi per fallire. Ebbene rispetto alla dimensione le banche etiche alternative prestano il doppio: Vuol dire che non sono migliori ‘solo’ dal punto di vista ambientale e sociale; ma sono un modello migliore dal punto di vista economico e finanziario”.

Molti gli strumenti che contribuiscono al successo della finanza etica europea: tra loro, i fondi socialmente responsabili che rifiutano di finanziarie imprese che operano in settori controversi come armi, tabacco e gioco d’azzardo. Il loro valore è pari a 493 miliardi, ai quali si aggiungono altri 178 miliardi di green bond con cui si finanziano progetti ambientali.

E per tornare alle banche vediamo che gli istituti alternativi vantano 40 miliardi di attivi; hanno concesso crediti per 29 miliardi; e in più hanno dimostrato di saper reggere alla crisi meglio delle banche tradizionali. “C’è una maggiore resilienza, c’è un modello radicalmente diverso. La ricerca che abbiamo prodotto sulla Finanza Etica e Sostenibile in Europa, va al di la delle nostre stesse aspettative – prosegue Baranes – Disegna due mondi profondamente diversi: uno in cui si guarda al massimo profitto nel minor tempo possibile, e uno in cui si guarda all’insieme degli impatti sulla società. Questo secondo mondo si è dimostrato molto migliore anche nel sapere interpretare la realtà e i cambiamenti che stavano avvenendo”.

In questo scenario, positive le performance dell’Italia che, tra l’altro, è il primo Stato europeo a poter vantare una legge in favore della finanza etica. “Sicuramente ci sarà da lavorare ancora – dice Ugo Biggeri, presidente di Banca Etica – perché poi ne seguono dei decreti attuativi che chiariscono se si vuole togliere i disincentivi che ci sono oggi ad investire nella economia. Ahimé, oggi una istituzione finanziaria è spinta molto più a lavorare sui mercati finanziari internazionali piuttosto che a finanziare l’attività produttiva sotto casa dei suoi risparmiatori”.

Per consentire al settore di crescere ancora – sostengono gli autori della ricerca – cruciali saranno le scelte di investimento dei cittadini e eventuali incentivi che potranno arrivare dalle istituzioni nazionali ed europee. “Oggi noi abbiamo dei risparmiatori che dal punto di vista dell’uso finale che viene fatto del loro denaro sono tenuti nell’ignoranza – conclude il presidente di Banca Etica – Facciamo tanta educazione finanziaria e poi nessuno fa le domande banali del tipo: ‘ma i soldi dove sono?’. Forse se si incentivasse sia le istituzioni finanziarie sia sia i cittadini ad avere più trasparenza sull’uso delle risorse questo potrebbe aiutare proprio i progetti di utilità sociale e ambientale. E in questo senso il parallelo con alcune misure di effcientemento energetico mi sembra corretto”.