L’Italia nella trappola delle basse competenze, ecco come uscirne

Rapporto dell'Ocse presentato al ministero dell'Economia

OTT 5, 2017 -

Roma, 5 ott. (askanews) – L’Italia ha fatto progressi su formazione e competenze dei lavoratori, ma resta indietro rispetto agli altri Paesi avanzati e questo tipo di problema si riscontra a tutti i livelli del panorama occupazionale: se da un lato ci sono meno laureati che altrove, il problema della mancanza di competenze è trasversale dai 25enni ai 65enni e non risparmia gli stessi laureati. Lo rileva l’Ocse nell’indagine sulle competenze degli adulti (Piaac), presentata oggi nel corso di una conferenza stampa al ministero dell’Economia. “Attualmente l’Italia è intrappolata in un low-skills equilibrium – avverte l’ente parigino – un basso livello di competenze generalizzato, in cui la scarsa offerta è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese”.

Lo studio, oltre ad elencare le problematicità, contiene anche una lunga lista di possibili interventi e raccomandazioni, ma anche un messaggio chiave di stimolo, sulla possibilità di superare questi problemi: “nel confronto con gli altri paesi i lavoratori italiani mostrano buoni livelli di competenza riguardo alla ‘rapidità d’apprendimento e problem solving’. Ciò suggerisce che, in Italia, politiche mirate di istruzione e formazione della forza lavoro – dice l’Ocse – potrebbero favorire un miglior (più intensivo) uso delle competenze elevate sul posto di lavoro”.

In generale i lavoratori italiani “possiedono un basso livello medio di competenze e hanno, rispetto a quanto avviene in altri paesi, minori probabilità di utilizzare specifiche competenze cognitive, che sono importanti nella performance dei lavoratori e delle imprese”. Le carenze si ritrovano anche tra laureati e importanti riforme attuate nell’ultimo decennio, che pure l’Ocse giudica “importanti” richiederanno tempo per concretizzarsi in qualifiche più alte.

Peraltro i problemi non riguardano solo i lavoratori: “più alti livelli di competenze contribuiranno ad una crescita più forte e più stabile solo se le imprese saranno capaci di usarle pienamente ed efficacemente”, prosegue l’Ocse.

E questo concorre a creare quello che l’Organizzaizone per la cooperazione e lo sviluppo economico battezza “low-skills equilibrium”. In pratica “un basso livello di competenze generalizzato: una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese. Accanto a molte imprese, relativamente grandi, che competono con successo sul mercato globale, ve ne sono tante altre che operano con un management dotato di scarse competenze e lavoratori con livelli di produttività più bassi. Modesti livelli di skills dei managers e dei lavoratori si combinano con bassi investimenti in tecnologie che richiedono alte competenze dei lavoratori e con scarsa adozione di pratiche di lavoro che ne migliorino la produttività. Questo – dice l’Ocse – genera un circolo vizioso”.