Bankitalia: banche italiane meno redditizie e con costi elevati

Rossi: devono restringere ruolo tradizionale ed evolversi

SET 23, 2017 -

Roma, 23 set. (askanews) – Le banche italiane, al netto del peso dei crediti deteriorati “che si va assottigliando”, restano “troppo poco redditizie” e con “costi elevati” come si evince dal confronto internazionale. Lo ha fatto notare il Direttore Generale della Banca d’Italia, Salvatore Rossi, al XXXI Convegno di studio “Adolfo Beria di Argentine: La banca nel nuovo ordinamento europeo: luci e ombre”.

Per quanto riguarda la redditività “negli ultimi cinque anni il rendimento del capitale e delle riserve, cioè il Return On Equity (ROE), delle nostre banche è stato sostanzialmente nullo, mentre nell’area dell’euro era di poco inferiore al 2 per cento e nel Regno Unito del 3; negli Stati Uniti è stato addirittura del 9 per cento”.

Quanto ai costi, “l’attività di prestito tradizionale, specialmente se concentrata sulla clientela di piccola dimensione, ha richiesto finora un elevato assorbimento di personale per unità di ricavo; e comunque la produttività del lavoro, espressa dal valore aggiunto per dipendente, è modesta nelle nostre principali banche: 124.000 euro in media nell’ultimo quinquennio contro i 170.000 di un campione di grandi gruppi europei simili per modello di attività”.

Il “contesto di bassi tassi di interesse determinato in tutto il mondo dalle politiche monetarie ha compresso i margini d’interesse e ha ridotto i profitti. Anche se si tratta di un fenomeno globale, le banche italiane ne hanno risentito di più, a causa del loro modello di business tradizionale: da qualche anno ormai il loro ROE è parecchio inferiore al costo del capitale, il che rende non agevole il reperimento di nuove risorse sul mercato dei capitali”, ha concluso.

Per Rossi occorre che le banche, “nell’accettare e accomodare un restringimento del loro ruolo tradizionale, facciano evolvere il loro modello di attività. I cambiamenti nella regolamentazione e nella tecnologia rendono in prospettiva non più sostenibile il modello italiano di impresa bancaria prevalso nel decennio antecedente la crisi finanziaria globale”. Però, ha proseguito, la transizione verso un nuovo modello “non è priva di ostacoli e rischi. Ad esempio, le conseguenze immediate sull’occupazione di una ricomposizione della struttura finanziaria che riduca la quota bancaria vanno attentamente considerate, apprestando, come peraltro già si è iniziato a fare, strumenti di riqualificazione del personale in eccesso”.

“Sono decisioni che tocca alle banche prendere” ma “di una cosa siamo certi, che sistema finanziario e banche non potranno restare immutati, se pensiamo che il nostro paese torni, come ha saputo fare in passato, a svilupparsi”, ha concluso.