La Corte dei Conti: ritardi e costi per gli F-35 ma si va avanti

"Non sono prevedibili alternative comparabili"

AGO 7, 2017 -

Roma, 7 ago. (askanews) – Il programma F-35, a cui l’Italia ha aderito sin dall’inizio, “è giunto a uno stadio ormai avanzato di svolgimento e non sono prevedibili nel medio-lungo termine alternative comparabili”. E questo nonostante i ritardi quantificabili in almeno cinque anni. È il giudizio della Corte dei Conti, secondo la quale la valutazione complessiva del progetto deve tenere conto “che l’esposizione fin qui realizzata in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane è fondamentalmente legata alla continuazione del progetto”.

Insomma, spiega la Corte nella relazione speciale sulla partecipazione italiana al programma Joint Strike Fighter F-35 Lightning II, nonostante i ritardi e i costi lievitati, a questo punto il progetto deve andare avanti.

Alla continuazione del progetto corrispondono infatti non solo i costi fin qui affrontati e i ritorni economici già realizzati, ma soprattutto i costi in termini di perdite economiche ove avesse termine o si riducesse sostanzialmente la partecipazione al Programma.

“Se è vero che lo sviluppo si avvicina al completamento, il passaggio ai lotti di produzione piena è stato rinviato più volte (i lotti di produzione ridotta, inizialmente previsti in numero di 12, sono ormai 14 e si protrarranno fino al 2021), e per riconoscere la piena capacità di combattimento sarà necessario attendere il termine della fase detta di ‘ammodernamento successivo’, previsto per il 2021. I costi unitari sono praticamente raddoppiati, e solo negli ultimi anni si sono manifestati segnali di miglioramento, in termini di maggiore efficienza produttiva e della catena di approvvigionamento da parte dei sub-fornitori. Nel frattempo, gli stessi Stati Uniti e alcuni dei Paesi partner sono stati indotti a ripensare la propria partecipazione al programma nel senso di una riduzione o di un rallentamento del profilo di acquisizione”.

Per l’Italia, sottolinea la Corte, “sono intervenute due decisioni: la prima (nel 2012) ha ridotto da 131 a 90 il numero di velivoli da acquisire; la seconda (nel 2016) ha impegnato il governo, per aderire alle indicazioni parlamentari, a dimezzare il budget dell’F-35, originariamente previsto in 18,3 miliardi di dollari (a condizioni economiche 2008). Il programma JSF-35 è stato ritenuto cruciale anche per le possibilità di partecipazione aperte alla base industriale nazionale, che detiene una capacità competitiva a livello mondiale nel settore aerospaziale, nonché per il mantenimento e lo sviluppo delle conoscenze tecniche e del livello di esperienza delle maestranze in un settore altamente “knowledge-intensive”.

al punto di vista occupazionale, si è ritenuto che il programma avrebbe consentito al comparto dell’industria aeronautica nazionale di continuare ad operare senza soluzione di continuità, una volta venute meno le esigenze di supporto delle attuali flotte aero-tattiche (Tornado, AMX e AV-8B) e i volumi produttivi dell’EF-2000, i cui pacchetti di lavoro industriale sono ormai in declino.

Se i ritorni programmati sono risultati ridimensionati rispetto alle aspettative, essi non sono però compromessi, e il prossimo avvio della piena produzione (finora rinviato a causa dello slittamento temporale subìto dall’intero programma) lascia aperte le prospettive per il futuro.

Gli ingenti investimenti effettuati (3,5 miliardi di euro fino a fine 2016, e più di 600 milioni ulteriori, previsti nel 2017) trovano la propria giustificazione in una logica di continuità.

L’opzione di ridimensionare la partecipazione nazionale al programma, pur non soggetta di per sé a penali contrattuali, determina potenzialmente una serie di effetti negativi, a cominciare dalla perdita degli investimenti sostenuti finora.

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