A Torino luci e ombre del Jobs act secondo economisti under 30

A distanza di due anni uno studio su riforma e mercato del lavoro

GIU 22, 2017 -

Torino, 22 giu. (askanews) – “Il Jobs act non è il bene assoluto, ma neanche il male. Ha rappresentato un passo avanti per i giovani, perché ha rimesso al centro il lavoro a tempo indeterminato, tuttavia con questa riforma non si è preso atto del fatto che la disoccupazione giovanile non è un fenomeno transitorio, ma strutturale. Occorreva aggredirla prima e in maniera più incisiva”. Parola di Ivan Lagrosa, dell’Università Bocconi e di Francesco Beraldi dell’Universita di Torino, che insieme hanno curato lo studio “Jobs act. Il mercato del lavoro due anni dopo”.

I due curatori fanno parte del team di Neos, acronimo che sta per Notizie economia opinioni soluzioni, e del consiglio direttivo del Cest, Centro per l’eccellenza e gli studi transdisciplinari dell’università di Torino, mentre lo studio è stato condotto da 17 giovani tutti under 30, studenti o neo laureati in discipline economiche e giuridiche, provenienti da diversi atenei italiani.

Analisi, grafici e infografiche accanto ad una serie di interviste ad esperti come Tito Boeri, Elsa Fornero, Daniela Del Boca, Pietro Garibaldi, Andrea Ichino: sono gli ingredienti dello studio che sarà al centro di un dibattito domani a Torino al Campus Einaudi, alle 17,30. A cui parteciperanno Maurizio Del Conte, Università Bocconi & Anpal, Marco Leonardi, Università di Milano e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Michele Raitano, della Sapienza di Roma e Giuseppe Russo, Direttore del Centro di Ricerca Luigi Einaudi.

“Due anni sono ancora un tempo breve per valutare una riforma del lavoro, ma si possono già notare alcuni effetti della riforma”, ha precisato Beraldi.

“Il contratto a tutele crescenti ad esempio ha appiattito le disuguaglianze tra atipici e lavoratori più tutelati, che spesso fanno parte di due fasce di età diverse, giovani da un lato e più anziani dall’altro. In questo il Jobs Act ha cercato di rispondere alla domanda di flessibilità del mercato di lavoro in maniera più efficace rispetto al recente passato in cui si era creato un maggior precariato”, ha spiegato Ivan Lagrosa.

I voucher? “Hanno avuto più clamore mediatico di quanto si meritassero. Una forma di impiego di quel tipo era necessaria tant’è che stata utilizzata anche da chi la criticava fortemente. I numeri ci dicono che non e stata una formula abusata”.

Piu critici gli studiosi sul fatto che la riforma non abbia preso atto della disoccupazione giovanile “come fenomeno più strutturale che transitorio”. “Occorreva aggredire il disoccupazione giovanile in maniera più incisiva e prima”.

Bene invece la decontribuzione: “ha giocato un ruolo determinante nel numero di degli occupati. Questo non deve essere giudicato in maniera negativa, forse la decontribuzione ha solo anticipato un fenomeno che sarebbe stato spalmato negli anni”, ha evidenziato Lagrosa.

“Ora bisognerà capire come incrementare ancora il lavoro a tempo indeterminato o incentivando questo tipo di contratto o rendendo meno facile da applicare il contratto a tempo determinato”, ha suggerito Beraldi.