Paolo Barilla: da Parma al Pianeta, il cibo buono per tutti

140 anni e 4 generazioni dopo, cosa è cambiato nella food company

GIU 9, 2017 -

Milano, 9 giu. (askanews) – 140 anni e non dimostrarli. A guardarli gli spaghetti Barilla sono gli stessi che questa famiglia ha iniziato a produrre nel 1877 in una bottega nel centro di Parma. In realtà intorno è cambiato tutto, e anche lo spaghetto stesso non è più quello, nonostante l’apparenza. I confini della comunità cittadina si sono dilatati fino ad abbracciare l’intero Pianeta, i bisogni da soddisfare coincidono con quelli del Pianeta. Del resto il percorso, iniziato nel 2010, dalla multinazionale della pasta racconta proprio questo impegno, creare qualcosa di “Good for you, good for the Planet”. Ne abbiamo parlato con il vicepresidente Paolo Barilla, che ha tratteggiato un bilancio sul lascito e raccontato i cambiamenti in atto.

“In Barilla quello che non è cambiato lo spirito dei fondatori che avevano l’idea di fare un piccolo negozio con buoni rapporti col vicinato, immerso nella comunità in cui vivevano a cui hanno dedicato sempre grande attenzione – ci ha detto – e questo fa parte del pensiero dell’impresa che ha attraversato le varie generazioni. Oggi questo spirito si è trasformato in qualcosa di molto più tecnico, scientifico e misurabile, che è l’attenzione alle comunità intesa come il nostro benessere, il nostro Pianeta, i bisogni della salute, di una corretta nutrizione e ovviamente il piacere di stare a tavola”.

Quella bottega in strada Vittorio Emanuele II, attualmente strada della Repubblica a Parma, oggi conta 28 stabilimenti, la metà dei quali all’estero, produce 1 milione e 800mila tonnellate di cibo esportate in 100 Paesi e fattura oltre 3,4 miliardi di euro. Numeri impensabili 140 anni fa, raggiunti prendendo a cuore tutte le fasi della filiera produttiva, dalla coltivazione dei grani fino al profilo nutrizionale dei propri prodotti, passando per la riduzione dell’impatto ambientale.

Questo, ha spiegato Paolo Barilla, vuol dire “rendere tutto più misurabile e tecnico, da quello che succede nei campi di grano o di pomodoro al tipo di beneficio che possono avere quelli che lavorano nei campi. Da lì arriviamo a tutta la produzione industriale, sempre migliorabile per definizione, a un consumo migliore dei nostri prodotti con una riformulazione più adatta ai nostri stili di vita”.

Nel concreto questo vuol dire contratti triennali con gli agricoltori per coltivare grano duro italiano, un sito per supportarli in tutte le fasi di coltivazione, riduzione dei consumi idrici e delle emissioni di gas serra, il lancio anche sul mercato italiano della pasta bio, 360 ricette riformulate per ridurre sale, zuccheri e grassi saturi, con l’eliminazione da tutto il portafoglio prodotti dell’olio di palma. Un cambiamento quest’ultimo costato 40 milioni in termini di investimenti solo nell’ultimo anno.

E’ in tutto questo che quegli spaghetti di 140 anni fa sono cambiati, pur restando i preferiti a tutte le latitudini: “Lo spaghetto è il prodotto più famoso e apprezzato in tutto il mondo – ha detto – perchè ha quasi il 50% del consumo. La tradizione italiana è sempre molto importante ed è quello che i mercati e le persone vogliono dall’Italia. C’è anche un ottimo sviluppo dei sughi perchè il condimento all’italiana piace molto e c’è una buona integrazione tra le due cose”.