Trasporti, Cgia: persi 70mila addetti nel comparto dei Tir

Pesano concorrenza sleale da Europa orientale e ritardi pagamenti

MAR 18, 2017 -

Roma, 18 mar. (askanews) – Dall’inizio della crisi (2009) a oggi si contano quasi 21.000 attività in meno, lasciando senza occupazione almeno 70.000 addetti. Sono i numeri diffusi dalla Cgia in unio studio sull’autrasporto nazionale.

Assieme alle costruzioni, l’autotrasporto ha subito i contraccolpi più negativi di questo momento così difficile: il crollo della domanda, i costi di esercizio record, la concorrenza sleale praticata dai vettori stranieri e i pagamenti sempre più dilatati nel tempo ne hanno fiaccato la tenuta. Un mix di criticità che, da quest’oggi, ha fatto scattare lo stato di agitazione della categoria.

La Cgia ricorda che le 84.500 imprese del settore distribuiscono l’85,4 per cento delle merci che viaggiano in Italia, contro una media dell’Ue a 28 di 10 punti inferiore. E a queste 84.500 realtà presenti sul territorio vanno aggiunte almeno altre 40.000 imprese prive di automezzi che svolgono quasi esclusivamente attività di intermediazione avvalendosi sempre più spesso a vettori stranieri.

“Abbiamo i costi di esercizio più elevati d’Europa a causa di troppe tasse e di un deficit infrastrutturale che costa all’intero sistema economico oltre 40 miliardi di euro l’anno Pur di lavorare, sempre più frequentemente i nostri viaggiano sottocosto con tariffe che mediamente si aggirano attorno a 1,10-1,20 euro al chilometro, mentre i trasportatori dell’Est – spesso in violazione delle norme sui tempi di guida, delle disposizioni sul cabotaggio e con costi fissi molto inferiori – corrono a 80-90 centesimi. E’ evidente che con questa disparità di prezzo molti autotrasportatori italiani sono stati costretti a gettare la spugna”, spiega il coordinatore dell’Ufficio studi Cgia Paolo Zabeo.

Nonostante qualche timido segnale di ripresa, rimane ancora un grosso problema farsi pagare dai committenti entro tempi ragionevolmente brevi.

C’è poi il problema dei controlli, nell’86% dei casi riguarda mezzi italiani ma “in molte regioni del Nord i mezzi in circolazione con targa straniera sfiorano ormai il 50 per cento del totale. Poichè una buona parte opera in palese violazione della normativa comunitaria sul cabotaggio stradale auspichiamo che i controlli si concentrino sempre più su queste ultime attività”, conclude Zabeo.