Draghi dice che l’euro è irrevocabile

Ma deve funzionare per tutti. Respinge accuse da entourage Trump

FEB 6, 2017 -

Roma, 6 feb. (askanews) – Un segnale alle ostilità interne, da parte magari di quei politici che in campagna elettorale puntano sull’abbandono della valuta condivisa. “L’euro è irrevocabile, questo è il Trattato”. Una risposta all’ostilità esterna, che si è improvvisamente appalesata nelle accuse dell’amministrazione Trump. “Non siamo dei manipolatori della moneta”. Ma soprattutto, dal presidente della Bce Mario Draghi è giunto un forte richiamo a tutti i partner dell’Unione monetaria. “L’euro deve poter funzionare per tutti”. Quindi servono politiche e istituzioni che lo rendano possibile.

Nella regolare audizione trimestrale al Parlamento europeo, il capo della Bce ha evitato di prendere posizione su quella idea di “Europa a 2 velocità”, ventilata dalla cancelliera della Germania Angela Merkel durante il recente vertice Ue a Malta. Ma non ne è sembrato entusiasta. “Forse il concetto è ancora da sviluppare.

Credo che sia una visione appena abbozzata – ha detto – su cui non sono in grado di esprimere un commento”.

In ogni caso vanno rivendicati i risultati ottenuti con l’euro, che ha resistito alla peggiore crisi economico e finanziaria dai tempi della II Guerra Mondiale. E “non dobbiamo interrompere i nostri sforzi per rendere l’unione monetaria più solida e prospera, anche se la situazione economica migliora e se le sfide in altri campi hanno magnetizzato l’attenzione”.

“Questa era la ragion d’essere del progetto europeo – ha insistito -: mantenerci uniti in tempi difficili, quando vi è la forte tentazione di rivoltarsi conto i propri vicini o di cercare soluzioni nazionali”.

Oltre alla situazione della politica monetaria, l’audizione non ha potuto non tenere conto di recenti e rumorose dichiarazioni giunte da esponenti di primo piano della politica. Da un lato il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, che riguardo alle accuse di sottovalutazione dell’euro, lanciate da un superconsigliere di Trump, ha scaricato ogni responsabilità sulla Bce e sulla linea espansiva adottata da Draghi. Dall’altro i propositi di abbandono della moneta unica espressi dalla candidata del Front National alla presidenziali in Francia, Marine Le Pen. Ipotesi che sembra aver contribuito non poco a accentuare un allargamento degli spread che ora coinvolge anche i titoli di Stato transalpini, oltre che i Btp italiani.

Draghi ha ricordato che la Bce ha un mandato tenere sotto controllo l’inflazione, non gli spread. Ma guardando a questi divari “raccomanderei che le politiche di bilancio venissero condotte per facilitare la ripresa ma al tempo stesso garantendo la sostenibilità. I Paesi che non hanno margini di bilancio non cerchino di usarli – ha detto – lavorino piuttosto su una sua composizione che sia più favorevole alla crescita”.

Parlando in generale (ma forse pensando a Schaeuble) ha citato il suo celebre predecessore alla presidenza della Bce, Wim Duisenberg. “E’ comprensibile che i politici vogliano dire pubblicamente la loro sulla politica monetaria, specialmente sotto elezioni, anche se sarebbe meglio un cortese scambio di punti di vista, ma è altrettanto comprensibile che da banchieri centrali indipendenti, quali siamo, li ascoltiamo ma senza dargli retta”.

Infine sulle mosse e dichiarazioni di Trump, “guardiamo certamente con preoccupazione agli annunci di protezionismo. L’Unione europea è stata creata sulle fondamenta del libero commercio e delle quattro libertà. Ma è ancora presto per giudicare”.

Draghi è stato più esplicito nel rispondere alle accuse di sottovalutazione dell’euro. Ha innanzitutto citato un rapporto del dipartimento del Tesoro Usa che nel 2014 escludeva manovre sui cambi da parte di Bce e Germania. “Non siamo dei manipolatori della moneta”. Ma poi ha anche contestato le conclusioni semplicistiche su euro e surplus tedesco.

“Nel 2013 – ha ricordato Draghi – l’euro era a 1,40 dollari e l’avanzo commerciale tedesco era già al 6 per cento del Pil.

Questa è la forza dell’economia tedesca”. E non è fatta solo di salari in certi casi bassi, ma di elevata produttività. Più in generale l’andamento dei cambi deriva anche da “politiche monetarie che riflettono la diversa posizione del ciclo economico nella zona dell’euro e negli Usa. Noi non siamo dei manipolatori della moneta”.

Voz/Int9