Crisi, Giovani Confindustria: guerra finita ma pace da costruire

"Dato inizio a un nuovo capitalismo"

GIU 10, 2016 -

Santa Margherita Ligure (Genova), 10 giu. (askanews) – La crisieconomica è stata come una guerra, ma oggi è finita anche se lapace è ancora da costruire. Il presidente dei giovani diConfindustria, Marco Gay, utilizza questa metafora per ribadirela posizione degli imprenditori: ci sono segnali di ripresa, cheperò vanno accompagnati e rafforzati con un processo di riforme.

“Se in tanti hanno paragonato questi anni di crisi a una guerra – ha detto dal palco del 46esimo convegno dei giovani industriali – oggi forse possiamo dire: la guerra è finita. Ma la pace è tutta da costruire. Non abbiamo capitolato, all’opposto abbiamo dato inizio a un nuovo capitalismo”.

Il presidente dei giovani di Confindustria ha poi sottolineato che “le condizioni del 2007 non ci sono più e non torneranno: è una nuova epoca, è un nuovo modo di fare impresa”.

Il muro che ha frenato l’Italia “non aveva checkpoint Charlie, ma al pari della cortina di ferro la crisi ci ha bloccato in una stagnazione economica, sociale e politica – ha proseguito Gay – ma oggi quel muro sta crollando”.

Il leader degli under 40 di Confindustria ha ricordato le migliaia di imprese che hanno chiuso i battenti, i posti di lavoro persi. Ma allo stesso tempo, secondo i giovani imprenditori, ci sono state cose positive: è stato abolito l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, introdotto il sistema retributivo nelle pensioni, cancellato i vitalizi ai parlamentari, messo fine al rigore di Bruxelles. “Solo qualche anno fa ci sarebbe sembrato impossibile”, ha sottolineato.

“Ci sono 14 miliardi in più da spendere quest’anno – ha aggiunto – abbiamo un Paese che sta tornando leader in Europa: è una vittoria dell’Italia, non solo di chi la guda, ma anche di chi la manda avanti lavorando e producendo”.

Il muro “sta cadendo”, dunque. Restano le “macerie” che sichiamano “povertà, disoccupazione giovanile ed esclusionesociale”. Si tratta di “problemi seri” che non possono essereaffrontati con i vecchi modelli assistenzialistici. “Non servonopiani Marshall alla fine di questa guerra – ha concluso – mabusiness plan. Dobbiamo cambiare mentalità”.