Goldman Sachs, il 30% degli azionisti boccia stipendio Blankfein

Il ceo ha guadagnato 23 milioni di dollari

MAG 20, 2016 -

Roma, 20 mag. (askanews) – La protesta degli azionisti contro gli stipendi dei top manager entra anche nel santuario di Goldman Sachs. All’assemblea annuale per il bilancio, un terzo dei soci ha bocciato la relazione sulla remunerazione degli executive della banca, nonostante il fatto che gli stipendi 2015 siano leggermente meno generosi rispetto agli anni precedenti. Il numero uno Lloyd Blankfein ha incassato nel 2015 un totale di 23 milioni di dollari rispetto ai 24 milioni del precedente esercizio. Il chief operating officer Gary Cohn e il chief financial officer Harvey Schwartz hanno guadagnato 21 milioni di dollari, un milione in meno rispetto al 2014.

La rivolta dei soci di Goldman contro i mega-stipendi non è un caso isolato ma rientra in un fenomeno che sta prendendo piede da Wall Street alla City. Ieri la maggioranza degli azionisti di Deutsche Bank ha bocciato la relazione sulla remunerazione. Restando nel settore delle banche, ad aprile il 36% degli azionisti di Citigroup ha espresso voto contrario agli stipendi degli executive, 16,5 milioni al ceo Michael Corbat di cui 6 milioni come bonus cash e un totale di quasi 60 milioni ai primi cinque top manager.

La lista degli executive impallinati dal voto dei soci sui mega-bonus è nutrita anche se nella gran parte dei casi il voto dell’assemblea non è vincolante. Tuttavia Martin Sorrell il 9 giugno prossimo dovrà essere molto convincente con gli azionisti di Wpp per giustificare i 70 milioni di sterline di compensi del 2015. INtanto ha dichiarato ai microfoni della Bbc di “non essere in imabarazzo per i compensi percepiti”.

Sorrell nel 2012 registrò il voto contrario al suo compenso da 30 milioni di sterline dal 60% dei soci, da allora un quarto degli azionisti boccia la relazione nonostante negli ultimi 5 anni la capitalizzazione di Wpp sia raddoppiata a quasi 31 miliardi di sterline.

Nel complesso non è andata male a Rakesh Kapoor, ceo della Reckitt Benckiser, e il suo compenso da oltre 23 milioni di sterline. Solo il 18% ha votato contro.

La bocciatura dei compensi da parte degli azionisti non ha effetti diretti. In gran parte dei paesi il voto dell’assemblea dei soci non è vincolante. In alcuni casi tuttavia ha portato a modificare i profili di stipendi e bonus. Nel 2012 l’ira degli azionisti su stipendi esorbitanti portò alle dimissioni del ceo di AstraZeneca David Brennan e di quello di Aviva Andrew Moss.

Non è stato il caso di Renault dove il ceo Carlos Ghosn due settimane fa ha visto il voto contrario del ministero delle finanze francese (azionista con quasi il 20%) al suo compenso da 7,5 milioni di euro (oltre agli 8 come numero uno Nissan), confermato immediatamente dal board.

Il caso più emblematico di questa stagione è quello del ceo di Bp, Bob Dudley. Oltre il 60% degli azionisti ha bocciato i compensi di Dudley aumentati del 20% a quasi 20 milioni di dollari nonostante la perdita record del gruppo petrolifero. Anche Mark Cutifani di Anglo American ha dovuto subire il voto contrario della maggioranza dei soci alla sua remunerazione che comprendeva un bonus da 3,4 milioni di sterline nonostante un tionfo del 75% del titolo nel corso del 2015 e una perdita netta da 3,7 miliardi di sterline.

Maggioranza dei soci contraria ai compensi anche per Smith & Nephew e per la Weir Group. Al gruppo farmaceutico Shire i contrari alla politica dei compensi è salito al 49,45%, in particolare sull’aumento del 25% a 21,6 milioni di dollari della retribuzione del ceo Flemming Ornskov.

Qualche mal di pancia si è manifestato anche all’assemblea di Gilead Sciences. Il ceo John Martin da anni è una della star di Wall Street. Tra parte fissa e bonus i compensi di Martin oscillano intorno ai 18 milioni di dollari ma lievitano con le stock option. Solo l’anno scorso gli hanno fruttato 164 milioni e dal 2011 ha intascato quasi 600 milioni. Ma da metà dello scorso anno il titolo ha interrotto l’incessante rialzo e staziona a un livello inferiore al 25% dai massimi.

Alcuni azionisti hanno puntato il dito anche sul tesoretto pensionistico di Jeff Immelt, ceo di General Electric. Nel 2015 è aumentato solo di 6,3 milioni dopo i 18,5 milioni dell’anno precedente. In ogni caso in 13 anni è arrivato a sfiorare gli 80 milioni. Secondo Rosanna Weaver, analista dei compensi dei top manager, “più che un piano pensionistico è un trasferimento di ricchezza intergenerazionale”.

Secondo la società Equilar dal 2011 al 2015 è salito dal 63% all’83% la percentuale delle corporation americane che legano i compensi alla performance del titolo. Il nuovo ceo di Google Sundar Pichai potrebbe beneficiare di 200 milioni di dollari. Tim Cook di Apple vanta un pacco di azioni ancora sottoposto a restrizioni che vale 543 milioni. Ma il numero uno di Apple ha chiesto due anni fa al board e ai soci nuove regole più penalizzanti su incentivi a lungo termine e stock option anche con effetti retroattivi.

Il ceo di Allergan, Brenton Saunders, invece ha incassato nel 2015 un bonus da oltre 20 milioni di dollari non in azioni e gli studi di consulenza ISS e Glass Lewis hanno raccomandato il voto contrario in quanto la componente fiscale sul bonus sarà pagata dal colosso farmaceutico. I 5 top manager di Allergan hanno incassato in totale 52 milioni di dollari per la definizione della fusione con Pfizer (poi saltata).